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King Kong en Asunción

2020
REGIA:
Camilo Cavalcante
CAST:
Andrade Júnior (O Velho)
Ana Ivanova (A Voz da Morte)
Juan Carlos Aduviri (Chiquitano)

Il nostro giudizio

King Kong en Asunción  è un film del 2020, diretto da Camilo Cavalcante.

La pellicola di Cavalcante ha vinto il Premio per il Miglior Film al Gramado Film Festival 2020, il festival più rappresentato del cinema nazionale brasiliano. Il film si apre con la telecamera che riprende il sedile posteriore di una 4×4, mentre il protagonista (abilmente interpretato da Andrade Júnior, che purtroppo è morto prima dell’uscita del lungometraggio) guida attraverso le saline della Bolivia per portare a termine un altro macabro incarico. Mentre la telecamera inquadra il vasto vuoto di Salar de Uyuni, la più grande distesa salata del pianeta, il vecchio sicario stanco spara con la sua arma, senza alcun risparmio di sofferenze ma con brutale cinismo, alle spalle di un uomo tirato fuori dal bagagliaio della sua auto imbavagliato e incappucciato. Le riprese angolari rimangono per tutto il film: primi piani a mano libera del “vecchio” (come lo definisce la voce fuori campo del narratore in lingua guarani) che segue senza entusiasmo l’unica tratta a lui aperta, e ampie inquadrature della campagna rada che passa sul suo lento, solitario viaggio. Il senso di colpa che prova per oltre 40 anni di omicidi a pagamento insegue il suo sonno, quindi tende a evitarlo. L’alcol intorpidisce i suoi sensi a sufficienza da farlo inciampare lungo l’unico sentiero che conosce.

Vuole fermarsi, ritirarsi, fare pace con se stesso. Ma un’offerta dal Paraguay dà al vecchio la scusa per rintracciare una vecchia conoscenza e la possibilità di un tentativo di riscatto molto ritardato, prima che raggiunga la vera fine della sua strada. La figlia che non ha mai incontrato è ad Asunción, quindi il suo viaggio prosegue verso la capitale del Paraguay. Vediamo, attraverso deliranti flashback, gli eventi della sua infanzia che lo hanno trasformato nell’adulto che è adesso. Lo vediamo alle prese con il senso di colpa per l’uomo che è diventato e la vergogna che lo ha tenuto lontano da sua figlia. Si sforza di aiutare economicamente il suo unico amico, per dargli la possibilità di cambiare la vita, dargli la possibilità di cambiamento che lui stesso non ha mai avuto.

Alla fine, possiamo essere certi che rintracciare la sua famiglia estraniata ad Asunción non è sufficiente per assolverlo dai suoi peccati (perché ce ne sono molti). Piuttosto, è l’occasione per il vecchio di confrontarsi, ritentare e provare le emozioni (sia sue che di sua figlia) che il suo stile di vita aveva tenuto  nascosto per così tanto tempo. In alcuni momenti le scene del viaggio del protagonista rimandano a quelle di Paris, Texas, di Wim Wenders; anche in King Kong en Asunción il paesaggio non è solo metafora esistenziale, ma ambiente in grado di condizionarla.Tra il sale e la polvere, il protagonista della pellicola cerca di tornare nel luogo sperduto del suo passato per elaborare il dolore di una storia personale segnata dal fallimento. Atipico road-movie profondamente ibridato con il genere crime, commuove e turba con la sua dolce umanità senza sottrarre nulla a un impianto estetico di grandissima suggestione. Su tutte, si sedimentano nella memoria alcune sequenze accompagnate da brani della premiata colonna sonora di Shaman Herrera, ma anche quella finale impreziosita dal brano “Volver a los diecisiete” nella versione di Mercedes Sosa.