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Killing for Love

2016
Titolo Originale:
Das Versprechen
REGIA:
Marcus Vetter, Karin Steinberger
CAST:
Elizabeth Haysom
Jens Söring

Il nostro giudizio

Killing for Love è un film diretto Marcus Vetter e Karin Steinberger.

Si tratta di un docu-film su Jens Söring, che è stato condannato nel 1990 negli Stati Uniti per doppio omicidio con due ergastoli, pur essendo, molto probabilmente, innocente.  Ecco l’inizio di Killing for Love: un filmato di repertorio di corte, le foto della scena del crimine, un processo e tutto sembra chiaro. Ma l’inviata Steinberger, insieme a Marcus Vetter, crea, tra i brevi vuoti lasciati dalle immagini di repertorio, piccole pause che mirano a suggerire evidenze ben diverse da quelle stabilite dal tribunale. E chi non ha mai chi non ha familiarità con tutti processi e l’indagine risalente alla metà degli anni ’80 ha la sensazione di trovarsi in una vera crime-fiction; perché il film segue gli schemi drammatici del vero romanzo poliziesco, ma in forma documentaristica, mostrando la sequenza di eventi, il processo, le motivazioni del colpevole, sempre accompagnate da un’opera di  rivalutazione del processo stesso, grazie a un gruppo di sostenitori di Söring che vogliono riaprire il caso e che nei vari intervalli dalle immagini di repertorio vengono intervistati o lasciati al libero racconto che può fornire motivazioni alle tesi innocentiste. Si dice che Jens Söring abbia brutalmente ucciso i genitori della sua ragazza, Elizabeth Haysom, il 30 marzo 1985. Secondo l’accusa dell’epoca, aveva fatto ciò che desiderava: eliminare la coppia e costruire un alibi insieme alla compagna per poi sfuggire per mesi alla polizia americana percorrendo l’ Europa in lungo e in largo.

Elizabeth è da subito giudicata colpevole dei fatti, anche a causa del suo rapporto malato/incestuoso con la madre e dell’ estrema educazione oppressiva di entrambi i genitori. Un valido movente che la condanna a 90 anni di carcere; invece l’esecuzione di Söring è sfuggita di poco alla pena di morte perché è stato estradato come cittadino tedesco dall’Europa solo a condizione che un’esecuzione sarebbe stata esclusa dalla condanna. Questa la verità ufficiale. Ma il film cerca la reale verità, che potrebbe sembrare diversa. Se si accetta il punto di vista di Söring. Killing for Love fornisce buone ragioni per la sua innocenza. All’epoca dei fatti  si sentiva come un personaggio di  Racconto di due città di Charles Dickens, dice Söring, quando si è addossato la colpa, a 18 anni, in una confessione iniziale dopo il suo arresto a Londra. Si è sacrificato per la sua ragazza, confidando nel fatto che il passaporto diplomatico (derivatogli da suo padre) gli avrebbe dato una certa protezione. All’epoca la scena del crimine fu molto inquinata, è stato anche perso un importante rapporto psicologico criminale di un profilo dell’FBI. Solo la sua lunga confessione e una maledetta impronta sulla scena, portarono al verdetto di colpevolezza di Jens Söring . Il film si sviluppa lentamente, un po’ alla volta, e l’intera catena di indicatori è ciò che lo rende così eccitante. Si vedono gli attuali avvocati di Söring, i sostenitori della sua causa, un investigatore privato: il tutto con l’obiettivo di far sentire i dubbi legittimi nel processo.

Infatti, nel 2010, una svolta: le tracce del DNA mostrano che sulla scena devono esserci stati degli “attori” precedentemente sconosciuti; peccato che Söring fu graziato dal governatore poco prima che questi venisse sostituito, e il nuovo non volle che questo “perdono” risultasse come suo primo atto ufficiale. Söring rimase irrimediabilmente bloccato nella prigione della Virginia. Queste trame interconnesse del processo di allora e l’attuale campagna innocentista di Söring sono ottimamente alimentate dall’entusiasmo di poter arrivare a una nuova verità: le videocassette delle prove di Elizabeth e Jens sono di valore, al di là del gusto voyeuristico, rivelando anche tutte le confuse regole di procedura in Virginia. In Killing for Love Jens Söring, con un sorriso quasi professionale, dimostra la sua intelligenza ancora una volta, come fece negli anni ’80, durante questa lunga intervista in carcere che caratterizza tutto il documentario. Un personaggio affascinante che guarda se stesso dall’esterno e allo stesso tempo è profondamente nella merda; così come Elizabeth, a giudicare dai video giudiziari, viene fuori in tutta la sua bellezza accattivante e la sua capacità di manipolazione. Forse queste caratteristiche sono davvero le cause dell’intera ingiustizia e, naturalmente, indicano il grande difetto di un sistema giudiziario in cui la simpatia riscossa in tribunale può influenzare la ricerca della pura verità. Ma al di là di quelle che saranno, se ci saranno, le evoluzioni giudiziarie di questo caso molto intricato, questo documentario è un singolare racconto di una storia d’amore, cieco e folle, un sentimento da tragedia classica, capace di gesti estremi e devastanti il cui delirio ha reso una passione amorosa una storia, è proprio il caso di dirlo, a vita.