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Kandisha

2020
REGIA:
Julien Maury, Alexandre Bustillo
CAST:
Nassim Lyes (Abdel)
Sandor Funtek (Erwan)
Mathilde Lamusse (Amélie)

Il nostro giudizio

Kandisha è un film del 2020, diretto da Julien Maury e Alexandre Bustillo.

Presentato a Sitges il nuovo attesissimo film della coppia Maury/Bustillo che, abbandonato Leatherface nella campagna americana (anzi bulgara), ritornano in patria con Kandisha per raccontare le minacce (esoteriche) della periferia parigina. Tre amiche, espressioni di altrettante etnie: la prima bianca, la seconda marocchina e la terza nera, vivono il degrado sociale delle banlieue e le giornate le passano a cazzeggiare dal kebabbaro con gli amici o facendo graffiti nei palazzi fatiscenti intorno a loro. Un giorno vengono a conoscenza del mito di Aïcha Kandisha: una bellissima donna che nei tempi andati, per fronteggiare l’avanzata dell’esercito portoghese, seduceva e uccideva tutti i soldati che le capitavano a tiro. Secondo la leggenda, Kandisha è divenuta un demone che può essere evocato per ottenere vendetta: basta completare un particolare rito, disegnare qualche pentagramma col sangue e dire più volte il suo nome ad alta voce. Loro, non credendoci, sperimentano e Kandisha inizia a fare il suo mestiere, uccidendo a sangue freddo tutti i maschietti che per un motivo o per l’altro hanno ferito le fanciulle. L’apoteosi dell’#MeToo. Non proprio, perché il demone è fuori controllo e finisce per prendersela anche con gli innocenti. Come fermarlo?

Struttura classica per un horror che non vuole provare strade diverse, fatta eccezione per l’ambiente socio-culturale dove vivono i protagonisti. Si parte con un’evocazione motivata dalla rabbia, poi il pentimento, poi la presenza oscura che non la smette di uccidere, il tentativo di farsi ascoltare da un esperto religioso (un rabbino, argh!…), il suo diniego, altre morti, il ripensamento del religioso, la spiegazione della leggenda, l’esorcismo, il fallimento dell’esorcismo, altre morti, e il prezzo finale da pagare per scacciare il demone. Basato su una leggenda esistente (c’è pure un film marocchino con lo stesso titolo, diretto da Jérôme Cohen-Olivar non troppo tempo fa), Kandisha è una storia di evocazione ed esorcismo canonica, che non a caso strizza l’occhio (consapevolmente) ai classici del genere e soprattutto a Candyman (evocare il demone ripetendo il nome più volte). Si tratta di un teen movie (questo è bene), con una figura misteriosa e inquietante (la donna velata abbastanza iconografica e a tratti seducente) che fa molto Mama e La Llorona (e questo è un bene), ma anche un po’ la Moran Atias di La terza madre (e questo è meno bene), e ci sono gli snodi classici di questo tipo di prodotto.

In Kandisha nulla è inaspettato e tutto si svolge come deve svolgersi. È un piccolo horror rassicurante, che fa il suo mestiere. Molto colorato e dal ritmo serrato. Anche le morti sono ben orchestrate e contornate dalla giusta dose di sangue, ma a tratti viene il dubbio che l’intento dei due registi fosse davvero quello di fotografare la realtà complicata delle banlieue. Una sorta di I miserabili in chiave horror, insomma… Non so dire se ci siano riusciti, certo che a quasi dieci anni dal loro secondo film, Livid, non sembra siano stati fatti grandi passi avanti. Almeno, però, non se n’é fatti indietro come per Aux yeux des vivants. Pare proprio che Julien Maury e Alexandre Bustillo avvertano l’esigenza di fare un salto di qualità nei contenuti ma che il loro interesse e la loro creatività restino confinati alla mise-en-scène. Il che non è necessariamente un male, ma bisognerebbe allora lavorare su sceneggiature più solide.