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Jacob’s Ladder

2019
Titolo Originale:
Jacob's Ladder
REGIA:
David M. Rosenthal
CAST:
Michael Ealy (Jacob Singer)
Jesse Williams (Isaac Singer)
Joseph Sikora (Paul)

Il nostro giudizio

Jacob’s Ladder è un film del 2019, diretto da David M. Rosenthal.

Ora stiamo calmi e facciamo tutti un bel respiro. Così, bravi. Perché le cose è sempre bene affrontarle a mente lucida, con tranquillità, freddezza e una sana dose di ottimismo. Soprattutto nei confronti di certe bestemmie cinematografiche che meriterebbero la castrazione chimica per il solo fatto di essere state pensate. Comunque non serve scaldarsi anzitempo. Piuttosto è bene partire da colui che diede origine al tutto: David M. Rosenthal. Un losco figuro che, eccezion fatta per il discreto A Single Shot (2012), di ciambelle con un bel buco rotondo non sembra proprio averne sfornate molte durante la propria ventennale carriera registica. Ed è appunto a tal mediocre mestierante senza troppa infamia e nemmeno poi così tanta lode che, per motivi ancora arcani di cui non siamo propensi a indagare oltre, è stato poggiato in grembo il gravosissimo rifacimento di un classicone come Jacob’s Ladder (Allucinazione perversa), forse il più penetrante dei cult movie partoriti dal travagliato grembo degli anni ’90 con cui, a suo tempo, Adrian Lyne riuscì meritatamente a guadagnarsi un comodo posticino nell’Olimpo della celluloide.

La turbolenta e metaforica battaglia interiore combattuta dal filosofo mancato Jacob Singer al suo rientro dalla guerra in Vietnam, attraverso le ben note allucinazioni perverse dal sapore cronenberghiano condite da chiari riferimenti biblici al dualismo fra Inferno e Paradiso, è ormai divenuta un’istituzione riconosciuta e idolatrata, dipingendo un universo disperato, incubotico e delirante in grado di far scuola dentro e fuori dal grande schermo, da Lynch a Silent Hill e ben più oltre. Per tal motivo, anche il solo fatto di poter ipotizzare che qualcuno metta nuovamente le sue sozze zampacce su un’icona del genere in nome di una sconsiderata “rifrescata” appare decisamente blasfema. Ma ciò di per se non vuol dir proprio nulla, poiché, come ben dimostrato da Lars Klevberg con La bambola assassina (2019), se di mezzo ci sono il cuore e la testa, anche la famigerata operazione commerciale del remake può portare a soluzioni davvero oneste e sorprendenti. Diciamo subito che, purtroppo, non è questo il caso del nuovo Jacob’s Ladder, poiché l’indecente stupro cinematografico operato da Jeff Buhler e Sarah Thorpe ai danni della solidissima sceneggiatura originale di Bruce Joel Rubin si consuma pietosamente su più fronti, scurendo inspiegabilmente la carnagione di tre quarti dei protagonisti – in nome di un black power cinematografico ormai obiettivamente fuori controllo – e gettando bellamente nel pattume i ricchi e variegati sottotesti esoterico-religiosi che rendevano il capolavoro di Lyne qualcosa di ben più succoso di un banale film di genere dal sapore schizoide.

Ciò che vien fuori da questo maldestro rimpastone è infatti la blanda storiella di un chirurgo militare (Michael Ealy) che, dopo essere ritornato dal fronte non tanto sano ma decisamente più salvo del fratello Isaac (Jesse Wiliams), caduto in servizio in Afghanistan, inizia uno strano tête-à-tête con vecchie putrescenti in After Effects e profetici barboni fuori di testa che lo convincono della non dipartita dell’amato consanguineo, il tutto mentre la deflorazione della macchina da presa di Rosenthal indugia su desolanti jupscare e mostri photoshoppati che al confronto Isabelle – l’ultima evocazione pare proprio un film di Kubrick. Angeli e demoni sono solo un pallido ricordo delle glorie che furono, lasciando il posto a entità non meglio identificate la cui natura non è appunto né carne e né pesce, sintomo di idee davvero poco chiare tanto sulla carta quanto in cabina di regia. Probabilmente consci di essersi imbarcati su di un vascello già incagliato in partenza, i membri della nostro beneamato cast tecnico tentano di rattoppare come meglio possono in corso d’opera, citando a membro di cane alcune delle sequenze più topiche della pellicola d’origine (la metaforica discesa della scala mobile e il catartico bagno ghiacciato) e puntando tutto sul tema del presunto complotto a suon di droghe sperimentali, specchio per le allodole nello scipt di Rubin e qui invece chiave di lettura capace di sconquassare totalmente anche il fu scioccante epilogo. Ma bravi i nostri arditi maestri di penna, davvero un colpo di genio! Peccato che, alla fin della fiera, questa nuova brutta faccia di Jacob’s Ladder assomigli, né più e né meno, allo scempio compiuto dai fratelli Goetz con l’inutile e inguardabile colpo di spugna al seminale Martyrs, un’operazione indegna di esistere e che meriterebbe la reintroduzione della sedia elettrica per coloro che l’hanno posta in essere. Ma davvero siamo ancora qui a parlarne? Torniamo a giocare a ping pong, che è meglio!