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Jackals

2017
Titolo Originale:
Jackals
REGIA:
Kevin Greutert
CAST:
Deborah Kara Unger (Kathy Powell)
Ben Sullivan (Justin Powell)
Chelsea Ricketts (Samantha)

Il nostro giudizio

Jackals è un film del 2017, diretto da Kevin Greutert

Caro horror, c’è un nuovo sottogenere in città! Potremmo chiamarlo cult movie; non nel senso di film destinato a perdurare nell’immaginario collettivo, piuttosto perché il minimo comun denominatore è quello della presenza di una setta sanguinaria. Abbiamo infatti avuto in rapida successione i satanisti di Kristy, gli ospiti di The Invitation e i videoamatori di Scare Campaign. Tra vivide rievocazioni della Manson Family e paranoie post-Scientology, siamo arrivati all’ultima infornata, Jackals. Passato anche da Cannes, è diretto da Kevin Greutert, montatore della saga Saw e regista degli ultimi due scadenti capitoli. Quinto lungometraggio della sua filmografia, dopo il buon thriller paranormale Visions, Jackals parte dal rapimento di un ragazzo di nome Justin. Il giovane viene portato in uno chalet, dove ad attenderlo c’è la sua famiglia al completo: suo padre si è infatti affidato ad un professionista per riportarlo a casa e sottrarlo alla setta cui si era unito. Justin si mostra aggressivo ed isterico e i tentativi di farlo rinsavire sembrano completamente inutili. Ma il problema più importante si sta per presentare alla porta: un plotone di individui mascherati vuole riavere indietro Justin ed è pronto a fare una strage. L’incipit del film è un chiaro ricalco celebrativo dell’Halloween di John Carpenter: un lungo piano sequenza in soggettiva che sfocia nell’eccidio di una famiglia che sembra conoscere bene il suo assalitore e che raggiunge il culmine nella vestizione di una maschera (da sciacallo), dai cui buchi vediamo l’ultima parte del delitto.

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Omaggio ma anche immediata dichiarazione d’intenti: fare uno slasher partendo dallo Slasher. Naturalmente consecutivi sono la presentazione dei protagonisti del gioco al massacro che avverrà, insieme alla disumanizzazione dei silenti membri della setta, i quali non vengono mai mostrati senza la maschera di cui sopra. Accettando dunque l’alone di mistero riservato agli antagonisti, il film però non riesce a compensare dall’altra parte della contesa, quella rappresentata dai familiari di Justin (Ben Sullivan) dove scarseggiano caratterizzazione e motivazioni. Così come rimane un mistero la figura del “professionista” (Stephen Dorff) chiamato a ristabilire la sanità mentale del ragazzo. L’unico personaggio da salvare è forse quello di Justin, ben descritto nella complessità dei suoi sentimenti: il disprezzo per la sua famiglia, la devozione verso la setta e quel briciolo di umano attaccamento alla sua ex ragazza e alla loro bambina. Peccato poi che venga interpretato in maniera così parossistica. In realtà è tutto il cast che delude, compresa una Deborah Kara Unger botulinata a tal punto da essere irriconoscibile e ben lontana dai fasti cronenberghiani di Crash.

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Non che Greutert non provi a mettere la tecnica al servizio della causa; infatti la parte action è quella più apprezzabile, comprese le ottime sequenze in esterno dei membri della setta che spuntano dall’oscurità. Solo che anche qui il film perde in credibilità, poiché da survival movie si trasforma in una sorta di Cane di paglia dove la progettazione di armi e trappole da usare contro gli invasori sconfina eccessivamente da ciò che dovrebbe essere mero istinto di sopravvivenza. Pure il finale è da slasher, con la morale che i mostri non si possono sconfiggere o seminare: concetto chiave ma privo anche questo di una riflessione metaforica e contemporanea che inquadri, all’interno del costume da mostro, l’uomo che lo veste.