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Io sono nessuno

2021
Titolo Originale:
Nobody
REGIA:
Il'ja Najšuller
CAST:
Bob Odenkirk (Hutch Mansell)
Connie Nielsen (Becca Mansell)
RZA (fratello di Hutch)

Il nostro giudizio

Io sono nessuno è un film del 2021, diretto da  Il’ja Najšuller.

L’incipit ricorda Cold in July: una brava persona si alza dal letto e scopre un ladro in casa propria. Questo episodio, che nel film di  Najšuller non ha conseguenze tanto tragiche come in quello di Mickle, è sufficiente ad aprire un baratro nel cuore del protagonista, che si chiama Hutch Mansel e ha il volto bonario e remissivo di Bob Odenkirk (Better Call Saul). L’uomo vive la sua vita sempre uguale, tra lavoro, casa e jogging intorno all’isolato. Tra lui e la moglie c’è una specie di frigorifero emozionale pieno di parole non dette. Dei due figli, la femminuccia adora e consola il papà, ma il maschio ha ormai cominciato a giudicarlo e biasimarlo per la sua remissività, specie dopo l’incontro con i ladri, lasciati andare da Hutch quando si poteva fermarli con un paio di sberle e una mazza da golf. La realtà è ben diversa da quello che pensano tutti i vicini, colleghi e famigliari e noi spettatori: Hutch non è l’ennesimo cane di paglia. Nel suo passato c’è una vita da sterminatore per i servizi segreti. Difficile dirlo a guardare i suoi occhi sfuggenti, il fisico inflaccidito e le smorfie d’imbarazzo davanti al cognato, il suocero o lo sconosciuto dall’aria aggressiva che lo fissa dall’altra parte del bus. Tutti lo rimproverano di non essere stato abbastanza uomo da difendere la propria famiglia. Hutch incassa e appassisce ma credete, è meglio così. Poi la figlia adorata si lamenta di non trovare il braccialetto col gattino. I ladri si sono portati via qualche soldo spiccio, un orologio d’oro e va bene, ma quello no. A tutto c’è un limite. Per Hutch è abbastanza. Pianta la famiglia durante la cena ed esce di casa senza dare spiegazioni, in cerca dei responsabili del furto. Li trova, li terrorizza ma non recupera il braccialetto col gattino. Sulla strada del ritorno, ormai scatenato, fa a pezzi una combriccola di russi ubriachi che vorrebbero stuprare una ragazzina. Siamo solo alla mezzora. Che diavolo potrà succedere dopo questo casino?

Io sono nessuno è diretto da un russo, Ilya Naishuller, un autore giovane e spavaldo che deve aver studiato a memoria i film di Guy Ritchie. Uno dei suoi lavori più riusciti si intitola Hardcore (2015) ed è la parola che viene in mente anche durante la visione di questa pellicola. Ritmo, violenza da videogioco, ironia, stereotipi e anni 80 a palla. A dire il vero il film è molto più di uno scassato revival action movie da pop-corn e rutto libero. Intanto l’ironia non è mai dichiarata. Non ci sono ammiccamenti e gigionismi stucchevoli. Tutto è gestito senza mai mollare un tono tendenzialmente drammatico, al punto di non capire dove il film voglia andare a parare, se ci faccia o ci sia. Odenkirk, con quel ciuffo spompo e la barba di due giorni, somiglia al Bruce Willis nel recente Giustiziere della notte e per certi versi il film di Naishuller potrebbe passare per una versione ancora più audace e inquietante del film di Tim Roth. Perché qui la scorrettezza non è nemmeno sottolineata, è quasi endemica. Se il regista non fosse un russo, potremmo pensare di trovarci davanti all’ennesimo prodotto ipervitaminico alla salsa barbecue e invece no. Senza esagerare, è un po’ come se i fratelli Coen più incazzati rileggessero A History of Violence di David Cronenberg. Lo sceneggiatore è Derek Kolstad, quello dei vari John Wick e non c’è bisogno di correre a leggere i credits per saperlo. La mano è riconoscibilissima e questo di per sé è grandioso, dati i tempi. Io sono nessuno  non aggiunge nulla sul discorso della cultura ultra-violenta degli americani, con la retorica sul dovere di difendere la propria casa e la famiglia usando un decoroso fucile a pompa.

Non smentisce la tendenza a infilare nel proprio gigantesco hamburger culturale i mafiosi russi e le lasagne italiane. Basta guardare la versione giallastra e inquietante cucinata da Mansel di quella roba che lui chiama “lasania” in un momento di quiete prima della tempesta, davanti alla famiglia estasiata, con la moglie preda di ricordi sul fidanzamento in Italia (ah, l’Italia!) per capire che i mafiosi russi tratteggiati alla solita maniera pacchiana, fracassona e virulenta dei picciotti al semi-freddo, siano anche loro come quelle fottute lasagne: qualcosa che non esiste, se non nei discount americani, dove il sapore ha più importanza della forma e la forma è decisamente una sostituzione della sostanza. Naishuller sa bene che la resa dei suoi connazionali più malvagi è postmodernismo puro, ma sta al gioco. In fondo Io sono nessuno ha una storia che è un delirio puro. Pensate, i due avversari, un reduce del Vietnam e un Ivan il terribile della perestrojka pop anni 2000, non hanno nemmeno un vero movente per combattere la guerra fredda sotto un cielo western. Il primo scatena il pandemonio per un braccialetto che non è stato rubato e il secondo risponde con l’apocalisse per un fratello morto accidentalmente e che lui non ha mai amato. Nel film è evidente che i comprimari, rispetto ad Hutch, sono tanti Woody Allen che si nascondono dietro al ruolo di John Wayne, mentre lui sta solo tentando una rivisitazione di Cary Grant ma sotto la pelle è Terminator. Michael Ironside grasso e più pelato che mai è la cosa davvero schockante di questo film, che per il resto sciorina una malina reaganiana, dove una canzone da fitness retrò e un inseguimento su una macchina del 1971 sono l’ordito plausibile di un gioviale vaffanculo alla verosimiglianza.