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Into the Dark – They Come Knocking

2019
Titolo Originale:
Into the Dark
REGIA:
Adam Mason
CAST:
Clayne Crawford (Nathan) Josephine Langford

Il nostro giudizio

They Come Knocking è il nono episodio della serie televisiva Into the Dark, diretto da Adam Mason.

Da un genitore all’altro. Sì perché magari non tutti sanno che, mentre noi lo festeggiamo il 19 marzo, negli Stati Uniti la festa del papà cade tradizionalmente la terza domenica di giugno. Dopo una figura materna disfunzionale, in They Come Knocking si passa invece ad una paterna più rassicurante e benevola. Per la seconda volta in cabina di regia (un unicum al momento) c’è l’Adam Mason di I’m Just Fucking with You, tuttora l’apice di questa stagione d’esordio. Per la prima volta, tuttavia, da quando Into the Dark ha debuttato, assistiamo ad un episodio di marcata impronta horror. Può sembrare un paradosso ma la risposta forse risiede proprio in questo episodio. Infatti, al netto di un ormai discreto numero di puntate appartenenti più ai sottogeneri del thriller, abbiamo potuto notare un metodo di scrittura molto rigoroso, orientato alla logicità e allo strutturalismo narrativo. Insomma poche follie o sregolatezze, cose di cui l’horror ha invece bisogno. Sarà forse per questo che, aldilà di qualche elemento ben realizzato, They Come Knocking è da ritenersi un episodio riuscito a metà?

Dopo aver perso sua moglie a causa di un male incurabile, Nathan decide di partire insieme alle sue due figlie, Clair e Maggie, per un viaggio in roulotte. L’obiettivo è arrivare in un posto dove poter spargere le ceneri della defunta. Ancora terribilmente provati dal lutto, i tre dovranno affrontare anche una situazione molto inquietante: durante la notte, degli inquietanti ragazzini busseranno alla porta della roulotte e cercheranno di entrarvi in tutti i modi. Ma chi sono? E cosa vogliono da Nathan e dalle sue figlie? I riferimenti possono essere molteplici, principalmente quelli afferenti all’ home invasion dei due The Strangers o di Them, film da cui questo episodio recupera diversi spunti per turbare il pubblico o tenerlo in tensione, mentre l’ambientazione desertica non può non far ritornare la mente a Le colline hanno gli occhi. Al centro ovviamente vi è il nucleo familiare sfilacciato e disunito da un dramma che ha lasciato solo traumi e ferite, terreno su cui siamo fin troppo abituati a veder piantati i semi del male. Il primo impatto è sicuramente notevole, con quei ghigni malefici che si intravedono dai cappucci: finché la dimensione a cui appartengono questi piccoli stalker rimane ignota, il tutto è estremamente convincente e angosciante.

Il lento progredire dell’azione, però, comincia a far intendere una pleonastica ancora di salvataggio, alla facciaccia brutta di quel principio “less is more” che tanto avrebbe fatto bene alla componente horror di questo episodio. Non c’è una ricetta per la perfezione, tuttavia non si può neanche negare che il genere abbia bisogno di un linguaggio specifico. Il caos e l’incertezza sono ottimi compagni di viaggio, meno trama c’è e meglio è. Non stiamo a criticare la scelta di aver collegato il trauma della famiglia all’esperienza che quest’ultima vive nel deserto, topos abusato ma comunque sempre valido: il problema sta nel fatto che la vicenda umana finisce per fagocitare quella sovrannaturale, tanto da compromettere il finale e vanificare quanto di buono era stato costruito fino a quel momento, vedasi ad esempio la cruenta allucinazione che precede il colpo di scena. Detto in parole povere, ti promettono l’horror e poi non c’è. Into the Dark rimane ancora un prodotto altalenante, nella maggior parte dei casi in sede di scrittura. Intanto luglio si avvicina e l’America si prepara a festeggiare: vediamo un po’.