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Into the Dark – Flesh & Blood

2018
Titolo Originale:
Into the Dark
REGIA:
Patrick Lussier
CAST:
Dermot Mulroney (Henry)
Diana Silvers (Kimberly)
Tembi Locke (Dr. Saunders)

Il nostro giudizio

Flesh & Blood è il secondo episodio della serie televisiva Into the Dark, diretto da Patrick Lussier

Altro giro, altro episodio. Nuovo mese, nuova festività. Into the Dark giunge dunque al suo secondo autonomo capitolo dopo il buon pilot The Body, stavolta concentrandosi sulla ricorrenza all-american del Thanksgiving Day. Va detto però che, rispetto all’ambientazione halloweeniana del primo episodio, questo Flesh & Blood usa il Giorno del Ringraziamento come pretesto per raccontare tutt’altro. E, sia ben chiaro, non siamo di fronte a un sottile MacGuffin narrativo, bensì a un elemento di secondaria (se non terza o quarta) importanza. Il Thanksgiving è l’ultimo momento in cui Kimberly (Diana Silvers) e i suoi genitori sono stati felicemente insieme, infatti poco dopo sua madre è stata uccisa da un uomo che non è mai stato identificato e catturato. Mentre suo padre Henry (Dermot Mulroney), nell’anno successivo al tragico evento, ha tentato di rimettere insieme i cocci, Kim è rimasta traumatizzata così profondamente da diventare agorafobica e non varcare mai più la soglia di casa. Una serie di strane coincidenze porteranno la ragazza a sospettare che il padre sia responsabile degli omicidi di alcune sue coetanee e magari anche di quello di sua madre. Ma è la verità o solo le deduzioni di una mente turbata e alterata dagli psicofarmaci?

Flesh & Blood è diretto da Patrick Lussier, regista di San Valentino di sangue 3D e Drive Angry, ma soprattutto montatore dell’ultimo Wes Craven: per intendersi, quello postmoderno di Nightmare – Nuovo incubo e della trilogia di Scream. L’influenza del maestro si sente molto per quanto riguarda le dinamiche narrative: Kim è una sorta di replica della tormentata Sidney Prescott, i (pochi) personaggi e le situazioni sono contraddistinti da un’interessante ambiguità e i temi di genere, quali sospetto e incertezza, sono sviluppati in modo pressoché ottimale. Mancano tuttavia inventiva e gestione. Così come nel suo slasher più famoso, Lussier prende una strada da cui non è possibile imboccare una deviazione e, proseguendo in un continuo aprirsi e chiudersi dell’ipotesi principale, finisce per arrivare alla più ovvia delle conclusioni senza aver mai veramente instillato il dubbio. Lo script eseguito (a onor di cronaca) da Louis Ackerman, già difettoso, non viene poi risollevato dalla regia dell’ex editor, il quale, pur non sfigurando a livello tecnico, non sottomette le proprie capacità alle necessità diegetiche. Siamo più che altro di fronte a un “millenial director”, a suo agio con uno spartito stranoto e alle volte inopportunamente citazionista: riconoscerete senza troppi problemi un’inquadratura omaggiante Shining, non proprio calzante in quel dato momento.

Tornando alla trama, a fronte di una protagonista profondamente sfaccettata, lo stesso non si può dire fino in fondo della sua controparte. Il duetto che intercorre per un’ora e mezza tra Kim e suo padre tocca momenti davvero struggenti, dove la figura del genitore premuroso torna a essere a fuoco cancellando per un attimo l’ombra della terribile congettura. Fermo restando che il dubbio deve essere sciolto, visto che siamo nell’ambito del whodunit, soluzione e motivazioni della stessa sono onestamente deboli, generiche, superficiali: difetto che in un episodio televisivo di durata filmica risulta purtroppo imperdonabile. Into the Dark rimane dunque, per il momento, un prodotto seriale mediocre, poco originale e incapace di colpire veramente. L’unica cosa che resta da fare è attendere l’episodio di dicembre, di cui non si conosce ancora il giorno preciso di messa in onda e che sarà diretto da Nacho Vigalondo (Colossal), per poterci ricredere su questo azzardo della Blumhouse.