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Indiana Jones e il quadrante del destino

2023
Titolo Originale:
Indiana Jones and the Dial of Destiny
REGIA:
James Mangold
CAST:
Harrison Ford (Indiana Jones)
Phoebe Waller-Bridge (Helena Shaw)
Mads Mikkelsen (Jürgen Voller)

Il nostro giudizio

Indiana Jones e il quadrante del destino è un film del 2023, diretto da James Mangold.

Per certi versi, il progetto di Indiana Jones e il quadrante del destino ha cambiato del tutto rotta quando Steven Spielberg ha abbandonato la baracca, come regista, nel 2020. È vero che rimane produttore esecutivo e che le sue parole sono sempre state di elogio nei confronti del lavoro della Disney e del suo sostituto James Mangold. Dopotutto conosce la forma. Ma conosce anche il personaggio dell’archeologo con la frusta che ha creato insieme a George Lucas, e guardando questo film, dove si stenta a riconoscere lo spirito pragmatico e razionale di Indy come baluardo del buon senso contro stupidità e fanatismi – che siano di bandiera nazi, comunista o thugge – non si fatica a capire perché abbia deciso di farsi da parte. Ma prima, cerchiamo di essere obiettivi, perché ciò che non funziona – e ce n’è tanto – non è propriamente colpa di Mangold, che dalla sua ha un carnet di pellicole di sicuro interesse (Copland, Quel treno per Yuma, Logan) caratterizzate tutte però da uno stile piuttosto classico, dal ritmo compassato, da svolte intimiste, tutti elementi poco adatti alla forma frizzante e ricca di trovate continue che si dovrebbe confare a un film di Indy. Lungo tutto il film sembra un po’ un pesce fuor d’acqua, prendendosela fin troppo comoda perfino nelle scene d’azione, talmente diluite da risultare a volte estenuanti, ripetendo in sostanza tutto quello che abbiamo già visto nei capitoli già noti – dal treno in corsa al sidecar, dal volo dall’aereo al cunicolo con gli insetti – e a volte mancando il bersaglio al montaggio, per esempio quando inserisce un evitabile flashback al posto della classica “mappa con tracciatura rossa” durante il primo spostamento aereo di Indy (le basi).

Anche la sceneggiatura non è povera di facilonerie: reperti archeologici segretissimi con un’etichetta in evidenza che ne indica il contenuto, nazisti che sanno di stare inseguendo una spia in divisa e non si prendono cura di controllare se si è mimetizzata tra i commilitoni, un potenziale assassino, ricercato con tanto di identikit, che prende un aereo come se nulla fosse. Si possono accettare in un qualsiasi National Treasure, ma non in un film che porta una così importante eredità. E porta anche, fin troppo e ingiustificatamente – perché Il regno del teschio di cristallo, poco amato dal pubblico, era comunque, se non un gran film di Indiana Jones, un grandissimo film su Indiana Jones, riflettendo sulla collocazione del personaggio in una diversa epoca storica – il peso di dover cancellare il ricordo del film precedente, cosa che immancabilmente fa in maniera piuttosto puerile, un po’ alla maniera del Cane Poochie dei Simpson (chi lo ricorda capirà al volo. Per gli altri consigliamo di googlare). Peccato, perché il tema sarebbe interessante: il tempo. Il “tempo maledetto”, verrebbe da dire con una battuta. Tempo che passa, per Indy, costringendolo a una ordinaria vita da pensionato, oltretutto depresso per un matrimonio fallito. Tempo a cui si può avere accesso, tramite la macchina di Antikythera creata da Archimede, che individua dei varchi che rendono possibile il viaggio nei secoli. Tempo da riplasmare, per il villain nazista Voller (Mads Mikkelsen) convinto di poter rimediare agli errori strategici di Hitler cambiando la storia.

Bene il prologo con Ford ringiovanito in CGI. Si vede che è finto, ma non importa, ci si passa facilmente sopra. Bene le prove attoriali, da Ford alla nuova arrivata Phoebe Waller-Bridge – che al contrario di quello che potrebbe sembrare non si pone come potenziale “erede”, piuttosto come spalla che però salva fin troppo spesso la situazione al posto dell’eroe – e bene anche la soundtrack di John Williams, sebbene ci si metta un po’ ad abituarsi a questa versione più rarefatta – in linea con lo stile registico – della ‘Raiders’ March. La parte conclusiva, però, rasenta davvero la baracconata, spingendo troppo sulla sospensione dell’incredulità, sfasciando del tutto il delicato equilibrio tra storia e fantasy che ha sempre caratterizzato la serie e soprattutto mettendo Indy nell’imbarazzante posizione di mettere a rischio la storia dell’umanità per uno sciocco tornaconto personale. Pur con tutti gli anni, i chilometri, le delusioni e le sofferenze sulle spalle, per chi ama Indy questa deriva è una sofferenza imperdonabile. E resta chiaro, purtroppo, che Disney al momento non abbia la minima idea di come proseguire con il franchise.