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In the Earth

2021
Titolo Originale:
In the Earth
REGIA:
Ben Wheatley
CAST:
Joel Fry (Martin Lowery)
Reece Shearsmith (Zach)
Hayley Squires (Olivia Wendle)

Il nostro giudizio

In the Earth è un film del 2021, diretto da Ben Wheatley.

Pretendere di frullare assieme il post apocalittico con il folk horror è davvero un gran bell’azzardo. Ma per uno come Ben Wheatley che con I disertori – A Field in England aveva dimostrato di non farsi il benché minimo problema nel piazzare un alchimista irlandese legato in mezzo a un prato in piena guerra civile americana, nulla è davvero impossibile. E non è bastata nemmeno una pandemia globale a fermare il nostro piccolo talentuoso genietto, il quale, alla chetichella e in appena due settimane di riprese a regime ridottissimo, è riuscito a confezionare con tutti i sacri crismi un ennesimo allucinato ed elegantissimo incubo cinematografico ad occhi aperti. Figlio legittimo dell’immaginario di isolamento forzato da Covid-19, In the Earth è un prodotto che, con molta probabilità, non sarebbe mai esistito in tempi normali, sia per ciò che racconta ma soprattutto per le straordinarie condizioni che hanno portato il suo autore a sfidare la noia da lockdown con la stessa ferina grinta dei suoi celeberrimi Killer in viaggio, partorendo una stranissima creatura di innegabile fascino ma al contempo di difficilissima collocazione. Ne risulta un oggetto filmico non meglio identificato, traballante e indubbiamente imperfetto, parto spontaneo di una mente solitamente lucida ma che, quando ci si mette, riesce a spiazzare persino le fameliche bestie da Sundance. Si perché In the Earth ci vorrebbe in teoria parlare di un ipotetico quanto attualissimo mondo futuro nel quale un non ben specificato virus pare aver messo in ginocchio l’intera razza umana, costringendo il dottor Martin Lowery (Joel Fry) a recarsi in un avamposto governativo nel mezzo di una foresta fuori Bristol per aiutare la collega ed ex fiamma Olivia Wendle (Hayley Squires) nei suoi strani esperimenti alla ricerca di un modo di sopravvivere al letale morbo.

Imbarcatosi assieme alla giovane guida Alma (Ellora Torchia) alla ricerca del campo base in cui l’ex amante è intenta a studiare da tempo le spore di un misterioso fungo che pare ramificarsi per l’intera area boschiva, il nostro intrepido scienziato verrà a conoscenza delle sinistre leggende riguardanti Parnag Fegg, un oscuro spirito dei boschi che, attraverso un misterioso monolite sperduto chissà dove, sembra avere una strana influenza sulla regione. A seguito di un improvviso attacco notturno da parte di forze ignote con conseguente ferimento, i due compagni di merende faranno infine la conoscenza di Zach (Reece Shearsmith), un equivoco ma tutto sommato accogliente eremita che si offre di ospitarli nel proprio accampamento e di prestare loro le necessarie cure del caso. Ma ben presto la situazione inizierà a prendere una strana e pericolosa piega per i nostri due eroi che, tra indicibili torture, macabri rituali e viaggi lisergic,i non saranno poi più così tanto sicuri di riuscire a portare a casa tutta intera la pellaccia. Più che un film in sé e per sé In the Earth pare proprio una pazza corsa in autoscontro in cui ogni secondo il senso di marcia viene roccambolescamente invertito, passando dalle stuzzicanti suggestioni esoteriche già presenti nel prepotente finale di Kill List alle tese derive antropologico dell’homo homini lupus di High Rise – La rivolta fino al puro delirio da iperviolenza di Free Fire.

Rinnegando gli inutili e pomposi fasti del fallimentare Rebecca, Wheatley stavolta sceglie di giocare interamente in sottrazione, evocando solo verbalmente l’opprimente ombra di una letale pestilenza di non certo sospetta origine che tuttavia viene tenuta sullo sfondo fin dal principio, il cui unico memento risiede in piccoli gesti divenuti per noi ormai più che quotidiani come l’igienizzazione delle mani, la misurazione dell’ossigenazione sanguigna e l’immancabile carnevalata delle mascherine chirurgiche. Uno specchietto –  anzi specchione –  per le allodole insomma, dietro al quale si cela un racconto caleidoscopico e multiforme in cui (pseudo)scienza, superstizione e puro spirito di sopravvivenza si fondono senza soluzione di continuità, mescolandosi a tal punto in un turbino di forme, colori, suoni e suggestioni che alla fine risultano alquanto difficili da digerire senza qualche accenno di mal di testa. Un’esperienza forse insolita e certamente allegorica, non per tutti i palati e che, forse e solo forse, col passare dei minuti e con il progressivo sfilacciarsi del tessuto narrativo in favore di una pura esperienza audiovisiva, rischia di arrivare ai titoli di coda con un valore decisamente più relativo che assoluto.