Featured Image

In Darkness

2018
Titolo Originale:
In Darkness
REGIA:
Anthony Byrne
CAST:
Natalie Dormer (Sofia)
Emily Ratajkowski (Veronique)
Ed Skrein Joely Richardson (Alex)

Il nostro giudizio

In Darkness è un film del 2018, diretto da Anthony Byrne

È una vecchia, preziosa regola del thriller, mettere una bella donna con handicap faccia a faccia con il rischio. Si è provato anche con varie altre menomazioni, ci sono state mute e sorde in pericolo (La scala a chiocciola, chi se lo ricorderà, in questo tempo degradato e vile?), ma le maggiori soddisfazione sono sempre arrivate dal gap per eccellenza, ossia dalla cecità, considerata la dismisura tra offesa e difesa: Gli occhi della notte o Terrore cieco, per dire i maggiori, ma anche il nostro Una Magnum Special per Tony Saitta. E da adesso in poi bisognerà fare i conti con questa Natalie Dormer di In Darkness che, qui lo dico e qui lo ridico, mi pare possa venire messa sullo stesso piano delle classiche Dorothy McGuire, Mia Farrow e Audrey Hepburn. La Dormer è un grosso calibro. Veramente grosso. E bastava vederla in Jukai – La foresta dei suicidi per rendersene conto, senza citare tutti i suoi sostanziosi pregressi, che per il vasto pubblico si sintetizzano nel personaggio di Margaery Tyrell del Trono di spade. A non sapere che sia tutta quanta inglese, si direbbe che Natalie abbia la bellezza raffinata e irresistibile di un francese, unita al fascino freddo delle figlie di Albione. Insieme al loro talento. Le metto idealmente a fianco Rosamund Pike, ma la Dormer ha persino qualcosa in più: la sua splendida bocca, deliziosamente sghemba.

Sofia, cieca fin da piccola, è una pianista. Ce la presentano mentre sta musicando con un’orchestra un film giallo. Sofia vive sola in una vecchia casa londinese e ne seguiamo la quotidiana routine dall’abitazione al lavoro e viceversa. Al piano sopra il suo vive Emily Ratajkowski, che entra in scena con due strepitose tette sull’uscio  e scambia quattro chiacchiere con Sofie, nell’atrio del palazzo. Più o meno una decina di minuti più tardi, costei si sfracellerà sull’asfalto dopo un volo di dieci metri. Sofia aveva sentito voci di alterco con un uomo, prima che la Ratajkowski piombasse di sotto. Quindi, rebus sic stantibus, siamo convinti di essere dentro un giallo canonico: e ora, come da copione, l’assassino perseguiterà la Dormer alla quale la morta aveva affidato qualcosa in ascensore. Ma quando la polizia arriva e inizia a fare a Sofie domande alle quali lei risponde, se non mentendo, perlomeno con grandi reticenze, comprendiamo che in un giallo canonico non siamo e che ci saranno un bel po’ di botole pronte a spalancarsi prima della fine… Dicono che i film, come la Natura, non fanno salti, cioè non passano da un genere a un altro. Invece, qualche volta succede e la metamorfosi può essere sorprendente. Come succede a In Darkness.

Natalie Dormer, oltre a essere la ragion d’essere principale del film in quanto protagonista e pilastro dell’insieme, ha scritto la sceneggiatura insieme al regista (e suo compagno, beato lui) Anthony Byrne, quindi oltre alla bellezza e alla capacità sul set, c’è di più – se l’è pure prodotto, In Darkness, ma questo è normale e lo fanno tutti i “nomi”. A Byrne va pure dato quello che gli spetta, perché la regia è elegante e quadrata, e sa bene ciò che fa, specie quando offre generosamente un nudo in doccia di Natalie sviluppato con un bell’intercut (il montaggio in generale, di Tom Harrison-Read e Paul Knight, ha una marcia in più, obiettivamente). Per la parte distruttiva, qualcuno potrebbe obiettare che ci sono molte inverosimiglianze, anzi troppe, una volta che l’arcano viene sciolto. Ma il razionalismo è il peggiore nemico del cinema e non serve dire niente altro. Ovvio che a voler citare il meglio, la sostanza midollare più deliziosa da suggere di In Darkness, bisogna tornare alla Dormer e alla sua performance. Ma il film, non so come, non so perchè, mi ha fatto venire in mente in più di un momento Hitchcock e la forza composta di certi thriller che oggi è difficile trovare in circolazione. Menzioni necessarie per Joely Richardson (una di quelle che una volta si definivano “perfide con risalto”), per Ed Skrein (un killer dal cuore troppo tenero), per Neil Maskel (un poliziotto arruffato) e per il bastardone Jan Bijvoet.