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Impetigore

2019
Titolo Originale:
Perempuan Tanah Jahanam
REGIA:
Joko Anwar
CAST:
Tara Basro (Maya)
Marissa Anita (Dini)
Asmara Abigail (Ratih)

Il nostro giudizio

Impetigore è un film del 2019, diretto da Joko Anwar.

Per chi volesse seguire le evoluzioni più recenti del florido mercato cinematografico indonesiano, il nome da annotare è uno: Joko Anwar. Non una celebrità, per ora, ma sicuramente un autore da tenere sott’occhio, stando ai numeri del box office. Il signor Anwar, classe 1976, è di fatto uno degli astri nascenti del nuovo cinema mainstream indonesiano, con all’attivo una filmografia foltissima tra commedie e drammi d’autore, con un’escursione recente anche in territorio supereroistico (Gundala). La fama internazionale creatasi da qualche anno a questa parte, però, rimane legata alla fetta “di genere” della produzione del regista asiatico. Lo sa bene chi ha visto lo spettacolare Satan’s Slaves, un divertissement terrorizzante a metà strada tra The Conjuring e l’esoterismo indonesiano che a furia di apparizioni e colpi di scena si era fatto strada fra alcuni dei grandi festival della stagione 2017-2018 (in Italia era passato in sordina al Far East senza poi essere distribuito in sala). L’hype è arrivato inarrestabile, assieme agli ottimi numeri del box office (quattro milioni di biglietti venduti in Indonesia) e Anwar ha giustamente incassato: il suo ultimo horror, Impetigore, in uscita questo mese in streaming, è finito nella sezione Midnight dello scorso Sundance, il coronamento autoriale di una giovane stella in divenire.

La parabola al cuore dell’ultima fatica di Anwar è quella di Maya, una giovane dal passato nebuloso che decide di recarsi assieme all’amica Dini in un villaggio nell’entroterra indonesiano, alla ricerca della verità sulle sue radici familiari. Il viaggio, come da copione, non sarà dei più piacevoli. C’è odore di The Wicker Man nell’aria (ma anche di Non aprite quella porta), e difatti i riferimenti al canone occidentale non mancano: se il cinema di Anwar risulta particolarmente appetibile anche fuori dal paese di produzione, d’altronde, un motivo ci sarà. I cliché, però, non sono mai scialacquati. A tenere saldo l’impianto citazionistico c’è piuttosto un gran gusto per la composizione narrativa e atmosferica, un amore fuori dal comune per lo storytelling classico e per le sue sfumature tonali. È un’operazione di passione, questo Impetigore: quasi mai originale, ma sempre e comunque coinvolgente e trascinante. È chiaro che, come per la pellicola precedente, buona parte dell’appeal che un titolo come questo può avere per un pubblico occidentale proviene dall’esoticismo folklorico della vicenda, che si snoda tra maledizioni ancestrali e sacrifici umani.

Di diverso, rispetto a Satan’s Slaves, c’è invece l’utilizzo meno smodato dell’elemento soprannaturale, oltre che una spruzzata di satira sociale a fomentare il contrasto tra le tendenze pseudo-millennial delle due protagoniste cittadine e le tradizioni rurali degli abitanti del villaggio dove buona parte dell’azione si svolge. È vero che, nella scelta di mettere un freno all’accumulo sfrenato che animava il film precedente (vedere per credere), il gioco qua si fa più schematico. Così, una volta svelato il nodo della questione, Impetigore assume la forma di un thriller d’inseguimento, più che di un horror vero e proprio. Gestito benissimo, certo, ma meno divertente del suo predecessore. Sono dettagli, però, rispetto a un insieme che funziona a prescindere dall’originalità o meno del contenuto, con un canovaccio sufficientemente diretto e una tensione vera e palpabile. L’atmosfera e il fascino figurativo fanno il resto. Per gli appassionati della nicchia indonesiana, Impetigore è un must-see; per tutti gli altri, un bell’invito ad ampliare i propri orizzonti spettatoriali.