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Il rituale

2017
Titolo Originale:
The Ritual
REGIA:
David Bruckner
CAST:
Robert James-Collier (Hutch)
Rafe Spall (Luke)
Arsher Ali (Phil)

Il nostro giudizio

Il Rituale è un film del 2017, diretto da David Bruckner.

Secondo Jim Jarmusch la vera qualità suprema di ogni artista non risiede tanto nell’originalità – che di fatto ormai non esiste più –, ma bensì nella straordinaria capacità di prendere spunto (dunque copiare) da tutto ciò che ci circonda e che ci ha preceduto, conferendo alla pratica della citazione (dunque del plagio) uno statuto di autentica “artisticità”. Ed è proprio da un gusto eminentemente e sfacciatamente derivativo che, senza alcuna vergogna, Il rituale dimostra di voler basare integralmente la propria ragion d’essere, pescando a piene mani da un immaginario estetico-tematico di genere già ampiamente rodato, capace tuttavia di risultare sbalorditivamente originale e persino inquietante.

Presentato con grande successo al Toronto Film Festival 2017 e in seguito ben accolto anche dal Sitges, Il rituale segna il folgorante e convincente esordio al lungometraggio di David Bruckner – reduce dalla co-regia a tre mani del discreto The Signal (2008), oltre che dall’esperienza antologica di VHS (2012) e Southbound (2015) –, il quale parte da un’ottima sceneggiatura di Joe Barton – tratta a sua volta da un romanzo horror dell’inglese Adam Nevill – per narrare la terrificante e allucinante avventura vissuta da un gruppo di amici (Arsher Ali, Sam Troughton, Paul Reid e il Robert James Collier di Downton Abbey) durante un’audace escursione nel mezzo delle sconfinate foreste montante svedesi, allo scopo di celebrare l’anniversario della prematura morte del compagno Luke. A seguito di un inaspettato infortunio, il gruppo è costretto a sostare per la notte all’interno di una diroccata dimora sperduta fra gli alberi, la quale reca tracce di oscuri e inquietanti simboli esoterici, forse connessi a un misterioso culto pagano di origine norrena. Ben presto terrificanti incubi e allucinazioni iniziano ad abbattersi sui malcapitati escursionisti, mentre qualcosa di terribile cova nel fitto dell’oscurità che li circonda.

Prodotto dalla Imaginarium del guru della motion capture Andy Serkis – che ha inoltre messo a disposizione le ottime competenze di Keith Thompson, celebre effettista speciale di Guillermo Del Toro – e distribuito con meritato orgoglio da Netflix – costretta più che mai farsi perdonare il sonoro scivolone dello scialbo thriller Open House –, Il rituale non fa mistero di reggersi su di una solida spina dorsale le cui vertebre vengono plasmate a partire da ben noti richiami cinefili del filone, partendo dal chiaro omaggio al seminale The Blair Witch Project per poi muoversi con sfacciata sicurezza verso un côté tensivo nel quale l’archetipo della dimora sperduta in mezzo al bosco di La Casa e Cabin Fever dialoga con straordinaria coerenza con i reflussi esoterico-pagani di The Wicker Man e del più recente The Void. Il risultato, seppur certamente lontano anni luce dal più piccolo barlume di freschezza tematica, risulta miracolosamente ben strutturato e coinvolgente, il tutto grazie anche a un impeccabile e suggestivo impianto formale, integralmente sorretto dalla tenebrosa fotografia di Andrew Shulkind – emerso dalla fucina di David Fincher e Steven Spielberg –, la quale trova il proprio punto di forza nel pittoricismo di ampio respiro di inquadrature capaci di catturare l’atmosfera rarefatta delle nebbiose lande svedesi, allo stesso modo con cui si mostra capace di giocare con il potere di suggestione generato dal vedo-non vedo che relega l’apparizione “mostruosa” nel buio dell’immagine e ai margini inconsci della mente dello spettatore. Giocando senza sosta con un sostrato simbolico che impedisce di comprendere fino in fondo la reale natura dell’intera vicenda, Il rituale si fa forza della celebre massima di Jean-Luc Godard secondo cui non è assolutamente importante da dove provengono le idee, ma bensì dove esse vengono infine condotte.