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Il maledetto

2022
REGIA:
Giulio Base
CAST:
Ileana D'Ambra (Leda)
Lucia Zotti (Santuzza)
Emanuele Pacca (U'gross)

Il nostro giudizio

Il maledetto è un film del 2022, diretto da Giulio Base.

Michele Anacondia (Nicola Nocella) lo chiamano “il pecoraro pazzo”. Vive al riparo sui monti pugliesi, è in sovrappeso, sta da solo e non vede mai nessuno. Fa parte della mafia ma resta ai margini: di fatto, è il guardiano dell’arsenale nascosto proprio su quei terreni. L’unica cosa che sa fare alla perfezione è sparare. Cecchino di precisione, in grado di freddare un animale con un colpo solo a molti metri di distanza. È lui Il maledetto, protagonista e mattatore del nuovo film di Giulio Base presentato alla Festa del cinema di Roma. Liberamente ispirato a Macbeth. Ma davvero si può ancora rifare Macbeth oggi? Ha senso proporre una rilettura ulteriore, dopo le innumerevoli offerte anche di recente, vedi quella di Joel Coen nel 2021? Se viene inscenata come fa Giulio Base, la risposta è certamente sì. Iniziamo col dire che il legame col capolavoro shakespeariano non è qui letterale, bensì elaborato e riscritto: l’opera del Bardo resta il canovaccio di riferimento, certo, ma gradualmente diventa ispirazione di fondo e il discorso va anche da un’altra parte, soprattutto a livello visivo.

Michele trascorre la sua quotidianità illegale senza particolari scossoni, all’insegna del late biosas, vive nascosto. È costretto a uscire allo scoperto quando una strage compiuta dal clan rivale si porta via il figlio di pochi mesi, concepito con la moglie Leda, una sorta di Lady Macbeth zoppa interpretata dalla seducente Ileana D’Ambra. Michele non può fare a meno di vendicarsi, sfruttando l’abilità col mirino, a quel punto Leda si ingolosisce e come nel mito prova a trasformarsi in cigno: perché non uccidere il boss della Sacra Corona Unita, Don Duilio (Andrea Sasso) e provare a prenderne il posto? Michele dunque viene spinto a sporcarsi le mani di sangue. Ed ecco la parola chiave del racconto: sangue. Perché il regista rappresenta il testo in modo sfacciato ed eccessivo, pigiando volutamente il pedale. Basta guardare la resa dell’ammazzamento: Michele accoltella il boss e viene coperto da fiotti, zampilli come una fontana, sino a ritrovarsi lordato di sangue in un’autentica scena splatter. “Chi avrebbe mai pensato che quel vecchio avesse dentro tanto sangue?”, si chiedeva Lady Macbeth. Il film ce lo fa pensare e soprattutto vedere. Notevole anche la soluzione musicale che accompagna la sequenza: alzando a dismisura lo squillo del cellulare, con una scelta rumoristica semplice ma efficace si crea un effetto sgradevole e disturbante, da acufene.

È appunto un film disturbante Il maledetto, di nome e di fatto. Un racconto che bandisce la dissolvenza e pone la violenza in campo, senza timore di scuotere, come dimostrato in più momenti, per esempio nell’omicidio di un aspirante capomafia che si becca una pallottola in un occhio, con tanto di effetto speciale. Il contesto, come detto, è quello della mafia pugliese, dove si parla dialetto stretto che nelle parti più concitate viene tradotto con sottotitoli. Lo stesso luogo già frequentato in Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa; mentre quello malgrado la scabrosità della storia pareva adagiarsi sul cinema italiano più convenzionale, questo invece le convenzioni prova a spaccarle, sia nella messinscena che nel cast. In tal senso dominante è un gigantesco Nicola Nocella che sostiene il ruolo alla perfezione, posto opportunamente fuori parte rispetto a quanto fatto finora: pesante, silenzioso, all’inizio quasi autistico per poi esplodere in un’orgia di violenza e rimorso. Come si addice a un Macbeth di ogni tempo e luogo. Un film che esagerando trova il suo senso. Fino alla catarsi, che arriva col fuoco.