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Il legionario

2021
REGIA:
Hleb Papou
CAST:
Germano Gentile (Daniel)
Maurizio Bousso (Patrick)
Marco Falaguasta (Aquila)

Il nostro giudizio

Il legionario è un film del 2021, diretto da Hleb Papou.

Quel “poliziesco sociale” di cui abbiamo parlato più volte qua su Nocturno, cioè quel cinema che unisce l’analisi sociologica con l’azione e il crime-movie, sta attecchendo anche in Italia: se in passato abbiamo avuto il roboante ACAB e La grande rabbia, ora ci pensa l’esordiente Hleb Papou (bielorusso naturalizzato italiano) a rinvigorire il genere con Il legionario, una co-produzione italo-francese: un film brutale, scomodo, coraggioso e controcorrente, che dopo un ottimo percorso festivaliero si appresta a uscire in sala. Co-sceneggiato dallo stesso regista a partire dal suo omonimo cortometraggio del 2017, è ambientato nell’agitatissima periferia romana dei nostri giorni, e focalizza la vicenda su Daniel (Germano Gentile): italiano figlio di immigrati, è un ragazzo di colore che lavora nel reparto celere della polizia, quello deputato ai lavori più sporchi e violenti come disperdere le sommosse e sgomberare i palazzi. Daniel vive con sofferenza la sua particolarissima situazione: da una parte, è saldamente legato al suo reparto, nel quale vige un forte sentimento cameratesco, e vede la sua squadra come una famiglia, nonostante porti su di sé lo status di essere l’unico “celerino” nero; dall’altra, il poliziotto ha però anche una vera famiglia, che cerca di tenere nascosta ai colleghi, composta dalla madre e dal fratello Patrick (Maurizio Bousso), i quali vivono in un palazzo occupato da 150 famiglie e sempre sull’orlo dello sgombero. Patrick è uno degli occupanti più attivi nel reclamare i diritti, e quando il reparto celere di Daniel riceve l’ordine di sgomberare i residenti, per il celerino giunge il momento di affrontare una dura scelta. Papou sembra ispirarsi a film italiani come ACAB e Diaz, ma guarda anche a modelli francesi, in particolare L’odio e I miserabili, specialmente per la rappresentazione delle tensioni razziali.

La regia robusta e di mestiere bilancia sapientemente lo spettacolo con dialoghi pregnanti e personaggi realistici (sono persone, più che personaggi), ma l’azione e la violenza sono volutamente fastidiose per lo spettatore, perché mettono in scena qualcosa di tremendamente vero, una realtà scomoda che tutti noi abbiamo avuto modo di vedere, quanto meno nei telegiornali: il disagio sociale, le tensioni fra italiani e immigrati, la micro-criminalità, gli scontri con la polizia, tutte materie all’ordine del giorno, in particolare nelle periferie delle grandi città. Il legionario è un film dicotomico, con due fazioni in guerra: da una parte ci sono i celerini (notoriamente fascistoidi e razzisti) con il loro lavoro sporco e infame, dall’altra gli occupanti (in prevalenza immigrati), e in mezzo un personaggio borderline – a cui dà vita il bravissimo Germano Gentile, già visto nel noir Il contagio – che vive sulla sua pelle la tensione razziale e tutte le contraddizioni della società contemporanea. Il celerino corre sempre il rischio di essere rinnegato tanto dai colleghi poliziotti quanto dal fratello Patrick (un altrettanto convincente Maurizio Bousso, visto in Tolo Tolo) e dalla madre, che non riescono a comprenderne la scelta e si sentono traditi. La tensione monta sempre più nel corso del film e confluisce – anche nel ritmo e nel montaggio – nei tafferugli all’interno del palazzo, prima di un finale volutamente aperto e strozzato: una conclusione che si ricollega all’incipit, con il fumo degli scontri, i sassi e le manganellate, e una musica che sale potente e rabbiosa, mescolata al suono assordante delle sirene e degli scontri.

L’opera prima del giovane regista può contare su un budget presumibilmente ridotto (alle spalle ci sono però produzioni serie come Fandango e Rai Cinema), ma anche nelle scene d’azione Papou sa ottimizzare i mezzi che ha disposizione attraverso particolari accorgimenti registici, per esempio focalizza le inquadrature su campi medi e primi piani, nascondendo così il carattere low-budget del film e dando vita a scontri violenti e credibili, grazie anche a un montaggio serrato e a un’immagine quasi documentaristica, con molta camera a mano. La regia presta un’attenzione certosina alla rappresentazione di entrambe le fazioni, descritte realisticamente, il che rivela uno studio approfondito della realtà, mai banale e in grado di sfuggire ai luoghi comuni. Da una parte, c’è la squadra anti-sommossa del reparto mobile, con la preparazione delle cariche e l’assetto da guerra dei celerini (che si identificano come “legionari”, cioè soldati), e il rapporto cameratesco che lega i poliziotti in un nauseante odore di estrema destra e razzismo. Dall’altra, c’è la ricostruzione del palazzo occupato e delle famiglie che vivono in una situazione di indigenza, con impietosi riferimenti a un amaro spaccato sociale. Non mancano specifici richiami alla realtà – il Monsignore che riattacca l’energia elettrica al palazzo, la manifestazione in cui campeggia lo slogan “Prima gli italiani” – i quali contribuiscono a rendere ancora più veritiero Il legionario, un nerissimo ritratto di un’Italia sempre più in preda al caos, alla violenza e alle contraddizioni sociali.