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I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti

2022
Titolo Originale:
The Mystery of Marilyn Monroe: The Unheard Tapes
REGIA:
Emma Cooper
CAST:
Marilyn Monroe (sè stessa)
Tony Summers (sè stesso)
Lauren Bacall (sè stessa)

Il nostro giudizio

I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti è un docu-film del 2022, diretto da Emma Cooper.

Sono passati sessant’anni dalla morte di Marilyn Monroe: quel 4 agosto 1962 in cui la diva fu trovata in casa senza vita a 36 anni, per un’overdose di farmaci come disse l’autopsia, incapace però di stabilire se fosse incidente o suicidio. “Vedo la tua carriera sorgere come il sole sorge ad est”, le diceva George Sanders in Eva conto Eva. Ma il sole, appunto, tramonta alla fine del giorno. La sua stella fu talmente luminosa che era destinata a bruciare presto. E il rogo della diva si consuma in un buco nero, in un abisso che ancora oggi è tutto da scrutare. Ci prova il documentario di Emma Cooper, I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti, distribuito su Netflix. I nastri sono quelli raccolti dal giornalista Tony Summers, che condusse una lunga indagine parallela fino alla pubblicazione del libro Goddess del 1985. Summers pensa di realizzare un servizio in pochi giorni, ma poi viene travolto nel gorgo: si dedica alla ricostruzione della morte di Marilyn con la tenacia che si riserva solo alle proprie ossessioni. Cerca le persone giuste, tira i fili del tempo e della memoria, laddove i testimoni sono trapassati si arrampica sull’albero genealogico per interrogare i loro discendenti (come nel caso, fondamentale, dei figli dello psicologo della Monroe). E registra tutto su centinaia di nastri analogici, oggetti di un’altra epoca. La regista segue la traccia e incarna le conversazioni in attori, rispettando filologicamente le parole pronunciate negli audio. Se la costruzione del doc è tradizionale, con le voci e gli attori alternati alle immagini di repertorio, il contenuto diviene via via sempre più dislocante.

L’inchiesta la racconta lo stesso Summers, anziano, che si appoggia ai nastri, ce li mostra (riempiono stanze e un’intera casa), ce li fa sentire: la detection è meticolosa, scientifica, e quando porta a un vicolo cieco si torna indietro per ripartire dall’inizio. Emerge così gradualmente il ritratto di Marilyn Monroe, perché la morte è la fine della vita e a questa bisogna guardare per capirla davvero. La piccola Marilyn, bambina senza genitori (non orfana ma trovatella, come specificava sempre), viene rimbalzata tra orfanotrofi e tentati affidi alle famiglie, sostenendo un’infanzia difficile, segnata da abusi. Senza mai fare una scuola inizia a recitare, forse anche per sopravvivere a se stessa, alle sue origini, ovvero fingere per non cadere. Ma fin dall’inizio la giovane Monroe ha anche un lato oscuro, l’attrazione per uomini molto più grandi, ricchi e potenti: li seduce e forse li ama per farsi strada, per salire davvero sulla grande giostra hollywoodiana. Si sposa e divorzia, da Joe DiMaggio prima, da Arthur Miller poi. È depressa, prende medicine, pensa di essere sola e di rovinare tutto ciò che ha intorno. Gira film, conosce registi che la adorano, diventa materia dei sogni: è su tutte le copertine, dentro ogni fantasia. A chi insinua, col senno di poi, che Marilyn fosse “solo” bella ma non particolarmente brava a recitare, citando magari la formazione non canonica, bastino qui le parole del regista John Huston che con lei girò The Misfits nel 1961, ossia Gli spostati, il capolavoro esiziale della Monroe in cui tiene testa a gente come Clark Gable e Montgomery Clift. Sul set arriva in ritardo, è spesso strafatta di farmaci, rischia di essere cacciata ma infine consegna un’interpretazione nella Storia: era un animale da palco, recitava sempre, aveva un istinto che non si insegna, ogni posa era un’interpretazione come dimostrano le pillole dove incontra i giornalisti, ovviamente e sempre recitando.

E poi arriva la morte. Dopo un’ora di film, che offre una ricostruzione potente ma tutto sommato abbastanza conosciuta, nell’ultima mezz’ora c’è lo scatto: Summers e la regista Emma Cooper mettono in scena le rivelazioni sulla morte che smentiscono la ricostruzione ufficiale e ne offrono un’altra alternativa, quasi impensabile. Marilyn infatti iniziò a frequentare entrambi i fratelli Kennedy, Bob e JFK, che intratteneva in incontri carnali in una villa al riparo sul mare… E qui sta la chiave per leggere la scomparsa della diva, o per meglio dire la sua dissoluzione: perché The Mystery of Marilyn Monroe è anche un ghost movie. Vediamo l’immagine di Marilyn, il suo spettro pellicolare che si aggira per il racconto già dissolto, già evaporato, la fine è nota: è un fantasma quello che ci parla attraverso di lei, nel suo corpo ipnotico ma difficile da leggere, impossibile da afferrare. Chi era davvero questa ragazza che porta sempre la maschera, che esce dalla clinica di disintossicazione intonsa e dice che sta benissimo? Chi era questa immagine immortale anche perché morta giovane, perché non l’abbiamo mai vista vecchia? Il film non vuole fornire una risposta definitiva, che d’altronde non è conoscibile, ma evocare uno spettro e invitarci a rispettare il suo mistero.