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I Saw the TV Glow

2024
Titolo Originale:
I Saw the TV Glow
REGIA:
Jane Schoenbrun
CAST:
Justice Smith
Ian Foreman
Brigette Lundy-Paine

Il nostro giudizio

I Saw the the TRV Glow è un film del 2024, diretto da Jane Schoenbrun

Film molto particolare, dalla struttura complessa e inconsueta, con atmosfere allucinanti e personaggi al di fuori dei normali paradigmi delle rappresentazioni adolescenziali, è stato presentato in concorso dapprima al Sundance Film Festival e poi nella sezione Panorama della Berlinale. I Saw the TV Glow, prodotto dalla ormai celebre A24 in combutta con la Fruit Tree di Emma Stone e diretto dalla giovane regista americana Jane Schoenbrun (già autrice di We’re all going to the world’s fair del 2021) e riscuote grandissimo successo critico. Le ragioni le possiamo senz’altro ravviosare nelle tematiche, talvolta marginali nel cinema contemporaneo, ma soprattutto nell’intricata modalità con cui  vengono trattate. Fascinazione e ossessione per la serialità televisiva, disagio scolastico, incomprensibilità tra generazioni, abusi familiari e timidezza sono solo alcuni dei temi introdotti. A questi si aggiunge quello autobiografico della transizione di genere, messo al centro della riflessione in molte interviste dalla regista. La storia è quella di un giovane ragazzo, Owen (Justice Smith) alle prese con l’isolamento scolastico, che viene messo in pausa con l’incontro di una compagna più grande, Maddy (Brigette Lundy-Paine, la comprimaria nella serie Atypical, prodotta da Netflix), nei cortili della scuola. La coraggiosa scelta di interagire con lei deriva da una quasi mistica fascinazione per una misteriosa serie televisiva, chiamata Pink Opaque, di cui Maddy sta leggendo una guida agli episodi. Inizia così il percorso weird di visione di questa serie, nello scantinato della nuova amica (anch’ella emarginata, scolasticamente parlando) che mette in discussione la sua identità, proprio anche in confronto al rapporto con la madre e il suo nuovo compagno. Come osserva quest’ultimo, interpretato dall’icona machista degli anni ’90 Fred Durst, leader dei Limp Bizkit, in una critica osservazione pregna di virilità tossica, si tratta di una serie “per ragazze”. Creata a tavolino per il film, presenta un gran numero di riferimenti a quella serialità degli anni ’90 (che è il tempo in cui sono ambientate le prime parti di I Saw the TV Glow, ma sulla temporalità diremo oltre) che contraddistingue per esempio Buffy e affini: protagonisti femminili adolescenti, impostazione antologica e mostri attinti da un immaginario fantastico.

La fascinazione e l’ossessione per la serie è tale da influenzare anche la vita di Owen e Maddy che giungono a prendere le sembianze delle protagoniste e arrivano a un grado di immersività non più distinguibile con la vita reale. Questa sorta di allucinazione diventa motivo di psicosi che accompagna Owen nel mondo del lavoro. È qui che fa anche l’incontro con lo sporco mondo della sessualità (rappresentato come involontaria intromissione nell’ufficio durante un amplesso tra il suo capo e una ragazza). In generale, come si evince dagli unici due personaggi maschili presenti, viene messa in ridicolo la rappresentazione mascolina, in particolare nei suoi connotati virili, che non attecchisce su Owen e agli occhi di noi spettatori risulta essere un atteggiamento del tutto fuori luogo. Senz’altro anche la femminilità non è presentata nei modi convenzionali: Maddy si presenta subito come omossessuale, ma nonostante il suo grande ascendente sul protagonista, la sua scomparsa e crisi di identità ne vanificano ogni forma di idolatria. La madre, altro modello di femminilità intorno a cui ruota la vita di Owen, è allo stesso modo una figura del tutto disfunzionale, non in grado di farsi carico delle responsabilità della famiglia, e spesso assume i toni dell’incubo, alla stregua dei mostri presenti in Pink Opaque. Gli unici punti di riferimento rimasti (sono, infatti, esclusi mondo familiare, lavorativo e scolastico, tanto che i docenti mancano del tutto) sono le due protagoniste della serie. Che però vengono messe in crisi nel momento in cui, in un afflato di nostalgia, Owen, anni dopo la messa in onda, decide di riguardare la serie e la trova del tutto irrealistica e ridicola. Nel mondo senza riferimenti del ragazzo, tutto ciò che rimane, non è che il tragico finale.

La struttura del film è molto frammentaria e si snoda intorno ai momenti in cui emerge il rapporto che il protagonista intrattiene con Pink Opaque e al percorso non-formativo che ne consegue. Le durate di ogni episodio sono diseguali e ciò che salta più all’occhio è la modalità con cui viene gestito il tempo. Sembra quasi che il tempo non sia altro che una dimensione sotto il pieno controllo di Owen e Maddy: numerosi salti temporali avanti e indietro, ma anche nello spazio (soprattutto tra il mondo doppiamente finzionale della serie e quello del film) costituiscono uno strano effetto a specchi e di rimandi che compongono l’affresco della vita di Owen, come in un quadro cubista, messo insieme da grottesche pennellate. È, infatti, il grottesco il tono adoperato: il vivido e morboso patetismo della scena finale ne è l’esempio, così come l’onnipresente inadeguatezza del protagonista che sconfina in un esagerato realismo, comunque adatto alla sua auto-rappresentazione di inetto ontologico.