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I fratelli Sisters

2018
Titolo Originale:
The Sisters Brothers
REGIA:
Jacques Audiard
CAST:
John C. Reilly (Eli Sisters)
Joaquin Phoenix (Charlie Sisters)
Jake Gyllenhaal (John Morris)

Il nostro giudizio

I fratelli Sisters è un film del 2018, diretto da Jacques Audiard.

Se c’è un genere che puntualmente viene dato per morto e altrettanto puntualmente risorge, quello è il western: quando ormai sembra che il genere non abbia più niente da dire, ecco che in ogni stagione cinematografica spuntano piccoli o grandi film che lo rinnovano e portano avanti il mito (o anti-mito) della Frontiera, anche se in numero minore rispetto ai decenni scorsi. A confermare questa tesi ci hanno pensato, nell’anno 2018, i fratelli Coen con La ballata di Buster Scruggs e il francese Jacques Audiard con I fratelli Sisters (The Sisters Brothers): in concorso alla 75esima Mostra di Venezia (come la pellicola Netflix dei Coen), il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 2 maggio. Un titolo che sembra ironico (due fratelli il cui cognome significa “sorelle”), ma sembra soltanto, poiché il western in questione non ha nessuna contaminazione con la commedia né con il pulp tanto in voga oggi: e proprio la sua unicità, l’impossibilità di definirlo in una precisa categoria o stile, è uno dei punti di forza. Conosciuto nel cinema di genere soprattutto per Il profeta, un film a metà fra il polar e il prison-movie, Audiard dirige un’opera sorprendente, sceneggiata dallo stesso regista insieme a Thomas Bidegain a partire dall’omonimo romanzo di Patrick DeWitt, tradotto in Italia col titolo “Arrivano i Sister”. Protagonisti sono i due fratelli del titolo, il più anziano e riflessivo Eli (John C. Reilly) e il più giovane e iracondo Charlie (Joaquin Phoenix), due pistoleri al soldo del losco e misterioso Commodoro (Rutger Hauer). Dopo aver ucciso alcuni uomini per suo conto, vengono incaricati dal medesimo di una nuova missione: trovare tale Warm (Riz Ahmed), un chimico che ha messo a punto un procedimento per trovare più facilmente l’oro, e ucciderlo dopo avergli estorto la formula.

Sulle sue tracce viaggia anche un altro uomo del Commodoro, lo scout John Morris (Jake Gyllenhaal), che ha il compito di scovare la preda e tenerla con sé fino all’arrivo dei due killer. Morris stringe però amicizia con l’uomo che doveva catturare, e anche nei fratelli Sister inizia a nascere il dubbio se ciò che fanno sia giusto o meno. Due sono i tratti distintivi primari di I fratelli Sisters: il realismo e l’introspezione psicologica, con una regia che dedica ampio spazio ai dialoghi (anche se non mancano scene d’azione) e all’evoluzione dei personaggi (siamo dunque nel cosiddetto “western psicologico”), grazie anche a recitazioni di prim’ordine. Certo, la sostanza che fa brillare l’oro nel fiume appartiene al mondo della fantasia, ma poco importa, perché quello è solo il motore che dà il via a una vicenda intrisa di amaro realismo e disillusione. Come la maggior parte degli western 2.0, anche questo abbandona infatti il mito del West per mostrarne gli aspetti più umani, con tutto il bagaglio di psicologia e crudeltà che ciò comporta. Nel nostro film non ci sono eroi – così come non ce ne sono ne La ballata di Buster Scruggs, giusto per citare l’altro esempio recente – ma personaggi complessi, umani e immortalati in atti fisiologici (si lavano i denti, vomitano, sputano) al di fuori di ogni mitologia. Non c’è nemmeno una distinzione manichea fra buoni e cattivi, bensì un’evoluzione che porta i pistoleri e lo scout da semplici esecutori a persone che riflettono sulla loro vita, accomunata da sofferenze familiari, e decidono di cambiarla.

Vediamo Eli Sister custodire gelosamente uno scialle rosso e pagare una prostituta per mettere in scena una recita, mentre Warm sogna di costruire una società basata sulla convivenza civile, persino il violento Charlie Sister conoscerà una redenzione, e ampio spazio è dedicato alla messa in scena dei rapporti tra i due fratelli. I fratelli Sisters ridisegna anche certi canoni del western: la sparatoria con gli altri uomini del Commodoro è solo percepita attraverso gli spari, e la resa dei conti catartica col medesimo viene a mancare poiché il personaggio è già morto. Ad ogni modo, non mancano momenti più topici del western: ai maestosi panorami (praterie, fiumi, villaggi e addirittura il mare), valorizzati da una fotografia dai toni pastellati e immortalati in campi lunghi, fanno da contrappunto frenetiche sparatorie con l’uso della camera a mano – da notare anche lo scontro a fuoco iniziale, di cui vediamo solo i bagliori nel buio, quasi un retaggio da Cielo giallo, e il feticismo delle armi con le Remington mostrate nei dettagli. La violenza esplode in modo improvviso, tra esecuzioni a sangue freddo, schizzi di sangue, addirittura il braccio amputato a Charlie e un incubo con cadaveri fatti a pezzi. Notevole anche la parte ambientata nel villaggio a conduzione matriarcale, che sembra riecheggiare classici come Rancho Notorious e Johnny Guitar. La colonna sonora non è particolarmente memorabile, ma non vuole neanche esserlo, limitandosi ad accompagnare malinconicamente le avventure dei protagonisti