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I Care a Lot

2020
REGIA:
J Blakeson
CAST:
Rosamund Pike (Marla Grayson)
Peter Dinklage (Roman Lunyov)
Eiza González (Fran)

Il nostro giudizio

I Care a Lot è un film del 2020, diretto da  J Blakeson.

Ci sono sorprendentemente pochi film che puoi di primo acchito definire divertenti pur non essendo progettati come commedie. I Care a Lot ne è un esempio: un film che non è una commedia, ma forse una satira, sul capitalismo e le sue conseguenze sugli esseri umani. È ovvio, il capitalismo è prima di tutto un ottimo bersaglio di critiche e derisioni, perché fa veramente bene solo a poche persone; in secondo luogo, come sistema, da esso si può prendere in prestito un’immagine dell’uomo che può essere rappresentata con relativa facilità, con colori vivaci e contrasti grossolani. E guardare è divertente, puoi confermare i tuoi pregiudizi o semplicemente goderti i colori striduli. Tuttavia I Care a Lot diventa, con lo svolgersi degli eventi, di un colore rosso sangue. Marla Grayson è la protagonista, si presenta subito in maniera diretta come la narratrice. Durante riprese girate in una casa di riposo che ricordano vecchi video musicali grunge (la colonna sonora iniziale è “”Dirge dei Death in Vegas), Marla snocciola la sua teoria sui “due tipi di persone in questo mondo”. Nel cosiddetto tardo capitalismo, la cui fine non è davvero in vista, nessuno ha più tempo per le battute, qui tutto diventa un po’ più atavico: si è predatore o preda, dice Marla, ci sono solo “leoni e agnelli”, e lei stessa è una “dannata leonessa”. Perché: “L’equità è cinismo, inventato dai ricchi per mantenere il resto di noi nella povertà.

E una volta ero povera”. Marla è in realtà più un maiale che una madre leonessa preoccupata per la propria nidiata; quest’ultima è solo un’affermazione che vende al mondo esterno. Marla si guadagna da vivere come tutore legale nominato dal tribunale, ma non in modo gentile e premuroso. Ha sbattuto persone anziane in case di riposo con la falsa diagnosi di demenza e incapacità di intendere e volere. Per poi trasformare le loro fortune in sue, pezzo per pezzo. Una dottoressa e un direttore di una casa di cura sono suoi complici, e un giudice compiacente benedice sempre fedelmente le sentenze. La truffa va alla grande, gli Stati Uniti stanno invecchiando, molti anziani hanno delle fortune nascoste e il sistema sanitario e assistenziale è un disastro. A questo punto bisogna fare un breve passo indietro per non accusare inutilmente questo film di cinismo e disumanità: I Care a Lot è stato girato prima che ci fosse la pandemia e le case di riposo e di cura divenissero drammatici punti caldi dell’emergenza coronavirus.

J Blakeson, sceneggiatore e regista di I Care a Lot, utilizza lo stereotipo della casa di riposo/deposito di anziani per sostenere l’ipotesi della disumanità del capitalismo e del suo conseguente condizionamento dell’essere umano. Un clichè che risulta originale, soprattutto grazie al favoloso ruolo di Rosamund Pike nei panni di Marla. Pike, che è stata scelta come una donna bella e cattiva dai tempi di Gone Girl, è incredibilmente brava a incarnare l’abisso umano, il compimento logico della metafora del mangiare e dell’essere mangiati. In altre parole, Pike è pura determinazione in questo ruolo. Il fatto che il modo in cui Marla accresce la prosperità individuale significhi la sfortuna degli altri non è chiaramente un prezzo che lei deve pagare moralmente. Fa parte del gioco. Se ha qualche motivazione, è quella di sfruttare spudoratamente i difetti del sistema. È ciò che accade quando si libera il capitalismo da ogni scrupolo (e si vuole creare nello spettatore il confortante brivido di paura che si possa finire così, incapaci e imbrogliati).