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I bastardi

1968
Titolo Originale:
I bastardi
REGIA:
Duccio Tessari
CAST:
Giuliano Gemma
Klaus Kinski
Rita Hayworth

Il nostro giudizio

I bastardi è un film del 1968, diretto da Duccio Tessari

Ho sempre avuto il sospetto che la sceneggiatura di Mario De Nardo, Ennio De Concini e Tessari conobbe pure la mano amica di Fernando di Leo, sebbene Fernando, a chiederglielo, rispondeva parlando del tempo. Praticamente è la stessa storia in chiave gangsteristica di Le colt cantarono la morte, ambientata in New Mexico, con due fratelli, uno buono interpretato da Giuliano Gemma e uno cattivo, interpretato da quel mostro di Klaus Kinski. La madre che li ha messi al mondo è Rita Hayworth, che pare sia stata una “seconda scelta”, perché avevano pensato all’inizio di far fare il ruolo a Joan Crawford, la quale però lesse il copione e rifiutò.
Due fratelli, quindi. Gemma è un rapinatore, lesto, scaltro, in abiti chiari, beve latte e sta insieme a un pezzo di femmina che non finisce mai ma che con lui non c’entra niente, Margaret Lee. Il colore della donna è il rosso, con tutte le valenze simboliche che evoca – non casuali, ma cercate, perché ritornano nel film in maniera troppo sottolineata. Scopano in un motel dove la “diffusa” è rossa; lei veste solo di rosso; a un certo punto finiscono in una sterminata distesa di papaveri; e un drappo rosso si agita nel vento quando a lei succede una certa cosa. Più chiaro di così. Kinski viene presentato in un tono più blando, quasi dimesso: è il cocco di mamma e Gemma lo incontra, infatti, a casa della madre, mentre si sta facendo misurare la pressione da Umi Raho, suo medico personale che avrà parte nell’azione successiva… Il quadretto familiare lì per lì pare idilliaco, con i due fratelli tutti baci e abbracci. Gemma è il cadetto e Kinski lo chiama “Baby”. In quel contesto, c’è anche l’entrata in scena di Rita Hayworth, che va su e giù alle spalle dei due figli seduti su un divano, lungo una specie di passerella studiata per metterla al massimo del risalto. Niente è quel che sembra, però.

Gemma aveva fatto uno sgobbo, all’inizio del film, uccidendo dei compari che volevano fregarlo. Kinski vuole quel malloppo: raggiunge il fratello in un posto appartato, mentre fa il bagno con Margaret Lee; lo fa picchiare, anzi massacrare dai suoi uomini; poi è sul punto di violentargli la donna, dopo averle levato le mutande, quando Gemma confessa dove stanno i soldi. Sorpresa, la Lee si rialza da sotto Kinski e gli fionda la lingua in bocca: stanno insieme, e insieme hanno fregato Baby. Gli sceneggiatori, già che son lì, vanno di accumulo. E se calci (anche diritti nelle palle) e pugni inflitti a Gemma sono duri, il regalo che Kinski lascia al fratello è di quelle cose che soltanto il cinema italiano riesce a tirare fuori: gli fa fare un’iniezione di anestetico alla mano dal suo amico medico, il citato Raho, che passa poi a recidergli i tendini con un bisturi. “Faccia d’angelo”, a quel punto, viene raccolto da una ricca proprietaria di un ranch, Claudine Auger – personaggio inesistente – e si riprende tra le di lei braccia, macchinando vendetta, tremenda vendetta. Tessari ha l’idea di farlo allenare sparando a un’arpa, prendendo così spiritosamente per il culo se stesso, Gemma e il loro passato western. Lasciamo perdere quel che sta nel mezzo, una rapina senza senso che Gemma organizza con un altro tizio. Solo tempo che si perde per arrivare al dunque. A quando Faccia d’Angelo riacciuffa la Lee – lei è fantastica: fa finta che non sia successo niente e va con lui a scopare in un campo di papaveri – e viene poi a sapere dove sta Kinski. Ammazzarlo, lo deve ammazzare, quel fratellastro malefico, complessato e viziato: ma ciò che inventano per arrivare a una catastrofe originale, vale l’intero film.

Mentre Gemma che si è allocato a un tiro di schioppo dal cottage di Kinski, in New Mexico, si prepara alla resa dei conti, un devastante terremoto scuote la zona. Kinski si vede la casa crollare sulla testa, Margaret Lee muore sul colpo. Quando Baby arriva, trova il fratello tra le macerie, ferito, inerme. Si pensa che gli debba fare pietà e che lo risparmi, invece spara e lo inchioda. E più di qualcuno tra il pubblico, lì, avrà sentito che c’era qualcosa di storto, che non era la solita cosa. Gemma che ammazza a sangue freddo? Non stava scritto da nessuna parte. Ma manca un pezzo, manca il meglio. Rita Hayworth, la si vede che durante il terremoto guarda la tv pranzando con Claudine Augier e quando sente che la zona disastrata è proprio quella dove ha la casa Kinski, si alza e corre via. La versione più buonista lascia questo punto interrogativo: dove sarà andata la madre? La versione cattiva ci svela che è corsa dal figlio, che evidentemente non deve abitare proprio vicinissimo, visto che per comunicare con lei le scrive delle lettere. Ma il tempo che Baby ci ha messo ad arrivare tra i ruderi e ad ammazzare Kinski, è lo stesso che ci mette la Hayworth a capitare sulla stessa scena. Forse assiste al fratricidio, forse sopraggiunge subito dopo, fatto sta che impugna un revolver e, accecata dal dolore, fa fuoco su Gemma uccidendolo. Incredibile!