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Hypnotic

2021
REGIA:
Matt Angel, Suzanne Coote
CAST:
Kate Siegel (Jenn Tompson)
Jason O'Mara (Dr. Collin Meade)
Dulé Hill (Detective Wade Rollins)

Il nostro giudizio

Hypnotic è un film del 2021, diretto da Matt Angel e Suzanne Coote.

L’importante è che lo spettatore capisca una cosa: non esistono maghi e salvatori. Non ci sono vie verso la rinascita che non dobbiamo percorrere fino in fondo da soli. Il dottor Collin Meade (Jason O’Mara) sembra avere la bacchetta magica per risolvere i casini degli altri, ma è tutta un’illusione che i poveri pazienti ignari pagheranno carissima. Kate Siegel (che nel film si chiama Jenn) viene da un trauma tostissimo. Ha perso il proprio bambino appena nato e da quel giorno non riesce a sorridere. Allontana il compagno e lascia il lavoro. Si trascina avanti ubriacandosi e nascondendosi a tutto e tutti. La scelta di andare in terapia e sottoporsi a ipnosi potrebbe restituirla alla vita ma invece la getta in un gorgo di morte e un’altra sfilza di traumi, a cui però la donna deciderà di reagire, lottando contro il cattivo psichiatra e venendone fuori più forte di prima. Il messaggio è chiaro: per guarire da un lutto ci vogliono altri lutti e persino un omicidio, infatti combattere per la propria vita permette di riscoprirne l’importanza e non lascia più se stessi languire in un salotto guardando film del cavolo su Netflix. Insomma, niente è meglio di un super-serial killer per uscire dalla depressione. Le vere ragioni che spingono il giudizio di Hypnotic verso il basso profondo, non è tanto la trama prevedibile, l’interpretazione poco ispirata di un cast che diremmo televisivo, se ormai la TV non fosse la rinascita narrativamente qualitativa che il Cinema non riesce a concepire più da molti anni, e soprattutto se esistesse ancora un limite separativo da ciò che vediamo in sala e ciò che fruiamo sul PC o un catodo ormai computerizzato.

No, lo sprezzo per un film così balordo è che si regge ancora una volta su una visione stereotipata, demonizzante e fasulla della psichiatria e l’ipnosi. Per cominciare negli Stati Uniti, quasi più nessuno va a mettersi sul divanetto di un analista. Esistono altre forme di assistenza psico-animiste, ben più lanciate e in apparenza efficaci dei classici elegantoni dallo sguardo profondo e immersi in uno studio che sembra una via di mezzo tra una discoteca macrobiotica e un’astronave psico-trappola. Gli sceneggiatori horror potrebbero andare a caccia in quelle direzioni ma se la prendono ancora con gli junghiani vecchio stampo. La povera Kate Siegel, abbruttita e immiserita per la parte, ci rimette quasi peggio di Nicole Kidman in Destroyer della Kusama. Non si possono guardare le tute e gli abiti loffi che indossa, degni della costumista di The Walking Dead al punto più basso della propria già misera ispirazione. E non si riesce a capire come la fluente e morbida capigliatura (che ricordavamo con piacere dopo avergliela vista sventolare in Hush e nella serie Hill House), appaia quasi come una brutta parrucca che lei stessa non vede l’ora di lanciare sotto un camion il prima possibile per poi fuggirsene dal film.

 Ma tolte queste sgradevoli sottigliezze, il vero dramma è per come la Coote e Angel, in combutta con lo sceneggiatore Richard D’Ovidio, abbiano rivenduto ancora una volta l’ipnosi come una potentissima arma capace di far suicidare (o spingere ad altri atti estremi) le persone, e giusto pronunciando al telefono una semplice parolina magica. Sono tutte cazzate. Esiste l’ipnosi e anche quella che è definita trance ipnotica, ma non è né ciò che vediamo in Hypnotic e nemmeno quello che vediamo in Get Out e in tutta la sfilza di film che usano questa pratica terapeutica come fosse una pistola invisibile nelle mani di una figura di analista assimilabile a quella dello scienziato pazzo della Universal più vintage. Il film parla dei rischi di affidare se stessi a qualcuno e di come questo salto nel vuoto sia necessario ogni volta che si tenti la via della guarigione senza fare da soli. Ovviamente la retorica legittimista americana sostiene molto più volentieri l’auto-aiuto e non la delega. Devi cavartela con le tue mani, formare te stesso, essere l’artefice del tuo destino. Se metti alla guida della tua vita un altro, questo potrebbe anche essere un mago, ma se fosse uno psicopatico senza patente, allora cosa faresti? Meglio risolverla da soli e al limite imbottirsi di psicofarmaci e antidolorifici. Il mercato americano è inarrestabile su questo versante.