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Hot Skull

2022
Titolo Originale:
Sicak Kafa
REGIA:
Mert Baykal, Umur Turagay
CAST:
Osman Sonant (Murat Siyavus)
Sevket Çoruh (Anton Kadir Tarakçi)
Hazal Subasi (Sule)

Il nostro giudizio

Hot Skull è una serie tv del 2022, ideata da Mert Baykal.

La produzione di fiction post-apocalittica degli ultimi anni ha definitivamente adottato la pandemia virale come elemento di rottura dello status quo e questa non può essere certo una sorpresa: due anni sotto la terribile narrazione dell’infezione del Covid-19 ha plasmato le paure collettive a livello mondiale, rendendo le persone particolarmente sensibili a questo tema. L’ennesimo contributo a questo filone, rivitalizzato negli spunti negli ultimi anni, viene fornito da Hot Skull, produzione originale Netflix realizzata in Turchia dallo showrunner Mert Baykal e tratta, per amore della precisione, dall’omonimo romanzo che risale al 2016, quindi ancora lontano dall’attualità pandemica. Nondimeno Hot Skull costruisce un mondo distopico, cupo, costantemente invaso dal fumo e su cui il sole non splende mai, che riesce a elaborare le paure e le paranoie degli ultimi anni e a far passare sottotraccia un certo giudizio politico nei confronti del governo turco. La storia irrompe direttamente alcuni anni dopo l’apocalisse, che si materializza sotto forma di un virus che non si diffonde tramite l’aerosol ma attraverso il linguaggio, trasformando le persone che ascoltano le frasi “malate” in deliranti.

Lo strumento di prevenzione per arginare il contagio in questo caso non è la già a noi ben familiare mascherina sanitaria, bensì una cuffia con la cancellazione del rumore. Istanbul viene messa sotto legge marziale e controllata da un gruppo paramilitare, la IBE, che crea delle zone di quarantena dove relegare i deliranti. In questo scenario urbano, che ricorda la Manhattan di 1997 Fuga da New York e il Bronx delle sue propagazioni italiane, cresce indisturbato il movimento di resistenza Plus 1, gestito da Sule (Hazal Subasi) che deve barcamenarsi tra i falchi che vogliono colpire la tirannia dell’IBE con gli attentati terroristici e le colombe che cercano una soluzione al virus per poter ritornare alla normalità. Una speranza nasce grazie all’immunità al virus acquisita da Murat (Osman Sonant), che all’ascolto delle frasi dei deliranti reagisce unicamente con una forte e istantanea febbre (da cui il teschio bollente del titolo, soprannome dato a Murat). Hot Skull è la classica distopia che vuole raccontare con la lente della fantascienza la società attuale, con una precipua focalizzazione come collante tra le persone sul ruolo della comunicazione, caduta la quale si precipita in uno stato di anarchia, dove la dittatura può insinuarsi senza alcuna opposizione.

È un messaggio controcorrente rispetto al pensiero corrente che fa dell’eccesso della comunicazione un allarme ed è sviluppato in maniera coerente, ma oltre lo spunto interessante la serie è lontana dall’essere originale nei contenuti: molti degli elementi che la compongono sono sicuramente inconsueti (gli infetti sono, al di là della possibilità di contagiare, sostanzialmente innocui) e il ricorso a numerose sequenze oniriche stacca la narrazione di una spanna rispetto al piattume della serialità media. Il fuoco del racconto, al netto dei soliti stereotipi del genere presenti in maniera puntuale, si ravviva grazie all’interesse nei confronti dei personaggi: oltre a Murat e Sule, protagonisti anche di una storia d’amore inevitabile, rimane nella memoria il poliziotto Anton (Sevket Coruh), brusco nei suoi metodi tutt’altro che democratici ma con una storia famigliare struggente. Meno interessanti sono le dinamiche del villain della serie, una macchietta vera e propria che banalizza il discorso politico e libertario che la storia vuole caricarsi sulle spalle, e non è sufficiente una parte finale cruenta e piena d’azione, chiusa da una serie di colpi di scena da telenovela per rilanciare la storia verso una seconda stagione.