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Hitman: Agent 47

2015
Titolo Originale:
Hitman: Agent 47
REGIA:
Aleksander Bach
CAST:
Rupert Friend (Agente 47)
Hannah Ware (Katia van Dees)
Zachary Quinto (John Smith)

Il nostro giudizio

Hitman: Agent 47 è un film del 2015 diretto da Aleksander Bach.

Attenzione a con confonderlo con Hitman – L’assassino (2007) di Xavier Gens. Non ne è una continuazione, né un remake né una libera interpretazione. Il film d’esordio di Aleksander Bach è tratto dal quinto capitolo dell’omonimo videogioco della IO Interactive, ma non c’entra niente con il suo predecessore. Sono due storie diverse, con attori diversi e premesse diverse. Qui abbiamo un assassino geneticamente modificato di nome Agent 47 (Rupert Friend, rimpiazzo del compianto Paul Walker) che ammazza, spara e abbatte esseri umani pur di mettere le mani sulla bella Hannah (Katia van Dees). Il perché di tutto ciò è presto detto: Hannah è la figlia del dottor Peter Litvenko (Ciará Hinds), quello che ha inventato questa nuova razza di sicari mutanti e che si nasconde da qualche parte nel mondo perché stanco e malato.

Poi abbiamo il super cattivo, Thomas Kretschmann, che vuole fabbricare una razza di agenti assassini tutta per sé e che quindi ha bisogno di Hannah per poterne acciuffare il padre. Ma attenzione, perché Hannah, che nel frattempo viene spalleggiata dal faccendiere americano John Smith (Zachary Quinto), scoprirà presto di essere anche lei una super mutante. Sembra tutto molto figo, invece è una mezza ciofeca: Aleksander Bach sa dirigere, ha senso dell’immagine, ha gusto proprio come potrebbe averlo un bravo grafico o un abile pittore. Da qui a definirsi registi, o meglio artisti dell’action, ce ne corre.

Hitman: Agent 47 è un cacciucco di cose già viste, un minestrone pieno di broccoli puzzolenti e ortaggi riscaldati al microonde. Va giù, ma che fatica. È tutto un tripudio di sparatorie, mosse di karate, completi firmati che non si sgualciscono mai. Ma chi se ne frega? L’action non è assemblare inseguimenti rocamboleschi come alla catena di montaggio. Servono dei personaggi, delle storie, delle finezze d’intaglio che qui vengono bruscamente sostituite con ritocchi di alto artigianato. D’accordo, non stiamo parlando di un film francese, ma il risultato finale gli assomiglia molto.