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Hill House – Prima stagione

2018
Titolo Originale:
The Haunting of Hill House
REGIA:
Mike Flanagan
CAST:
Michiel Huisman (Steven Crain)
Carla Gugino (Olivia Crain)
Elizabeth Reaser (Shirley Crain)

Il nostro giudizio

Hill House è una serie tv del 2018, creata e diretta da Mike Flanagan.

Un po’ Gli Invasati, un po’ Shining, la rivisitazione televisiva ad opera del talentuoso Mike Flanagan, per conto di Netflix, si presenta a tutti noi come un fulmine a ciel sereno. Da delle aspettative buone, si arriva alla fine del ciclo dei dieci episodi consapevoli di aver assistito a un prodotto incredibile. Rivisitazione del romanzo L’incubo di Hill House scritto da Shirley Jackson, questi dieci episodi, della durata di un’ora ognuno, sono la concentrazione di tutto ciò a cui tiene il regista: l’amore, la famiglia, la dimensione onirica che si plasma alla realtà e la rielaborazione della figura del fantasma, una figura pericolosa ma necessaria per superare determinati traumi lasciati in sospeso dai diversi protagonisti. Una famiglia spaccata, cinque fratelli e un padre, ormai tutti adulti, con un segreto in comune: la loro infanzia nella spettrale dimora di Hill House. Con un saggio montaggio che alterna preziosi flashback alle vicende attuali, scopriamo ogni singolo poltergeist col quale ogni membro della famiglia sembra aver legato particolarmente. Tutti i momenti narrativi che riguardano il passato sono indubbiamente i più interessanti per messinscena e valore narrativo. La stanza dalla porta rossa è il centro del mistero, una porta che sembra impossibile aprire o abbattere, mentre sinistre figure spettrali si aggirano nella casa.

Ci si lascia coccolare dalla facile suggestione dei bambini (tutti, bisogna dire, davvero bravi ad interpretare i loro ruoli spaventati e ignari), mentre la coda dell’occhio nota qualcosa di strano, la realtà viene distorta, Hill House muta e i fantasmi quasi instaurano un legame simbiotico con i tanti protagonisti, che segneranno direttamente la loro vita futura in termini sociali e professionali. Mike Flanagan, oltre ad aver forse firmato la sua opera più ricca e complessa, si diverte a nascondere fantasmi in ogni episodio (molti nel web si stanno divertendo a cercarli), ma è palese come nonostante lo stravolgimento dell’opera originale, egli mantenga un grandissimo rispetto per il materiale. Anche qui, continua il suo complesso discorso sul mondo dei sogni, quasi a voler mettere la dimensione onirica e quella spettrale sullo stesso piano, divertendosi a confondere lo spettatore, ma anche  inserendo twist narrativi di forte convinzione che sorreggono sempre più la storia. Un’infanzia infelice viene, così, mutata in una piccola Odissea familiare che potrà vedere la fine solo decenni dopo, tornando definitivamente in quella dimora abbandonata e spettrale per ritrovarsi tutti assieme al capezzale dell’origine delle loro disgrazie e affrontare letteralmente la casa per poi varcare la simbolica porta rossa della stanza segreta.

Come Alice che attraversa lo specchio per ritrovarsi in un mondo diverso, misterioso, affascinante, ma pericoloso, i nostri protagonisti dopo il loro breve soggiorno a Hill House, in attesa di varcare la porta rossa, continuano ad avere un legame profondo e intimo con la villa, come se tutti fossero richiamati da una forza soprannaturale in quelle mura fatiscenti, alcuni con suggestioni o presenze, altri assimilando particolari capacità che sanciscono anche uno stile di vita differente, ma come un faro nel buio, la porta rossa riecheggia nei loro incubi, il legame di sangue con la casa è indissolubile e solo il loro ritorno porterà fine a tutti questi eventi. Forse esagerando un po’, Hill House è l’incredibile conferma di un autore e di un mestierante di gran classe tecnica e carisma come Mike Flanagan, che riesce a sovrastare ogni tipo di produzione per creare il Suo prodotto, chiaro, preciso, senza sbavature, pregno di mistero e che in molte occasioni resce davvero a far provare brividi di terrore. A meno che Flanagan non pensi di iniziare progetti seriali come True Detective, con il cast che cambia di anno in anno, questo prodotto, con questi personaggi, non deve vedere un sequel, perché benché abbia  nel finale delle note un po’ troppo buoniste, in fin dei conti, mostrata la morale finale, ci si affeziona a tutti i componenti di questa famiglia, consapevoli che questa sia l’unica fine possibile che le loro storie potevano incontrare.