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Hai mai avuto paura?

2023
Titolo Originale:
Hai mai avuto paura?
REGIA:
Ambra Principato
CAST:
Justin Korovkin (Giacomo)
Lorenzo Ferrante (Orazio)
Marta Paola Richeldi (Contessa Adelaide)

Il nostro giudizio

Hai mai avuto paura? è un film del 2023, diretto da Ambra Principato

Eravamo rimasti che al di là della siepe “che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, si stendeva l’infinito. Ma potrebbe pure essere che, oltre quel baluardo di verde fitto, stia nascosto alcunché di meno vago e di più terrificante di una vertigine di infinito. Qualcuno o qualcosa in agguato come un brigante da passo e pronto a colpire. Un’Ombra, una Bestia… Alla domanda del titolo, Hai mai avuto paura?, nessuno su questa Terra potrebbe rispondere se non affermativamente. E anche i personaggi del film di Ambra Principato sono immersi in questo sentimento, sebbene a livelli differenti. Orazio (Lorenzo Ferrante) è un ragazzino che, nel contesto di una famiglia nobiliare, nell’Italia del 1813, accusa ricevuta dai racconti che si vanno diffondendo a proposito dell’imperversare di una presenza famelica che aggredisce gli animali dei paraggi agresti, durante le notti di plenilunio. Ma lo inquietano, anche e soprattutto, negli spazi interni della casa in cui vive con i sussiegosi, rigidi e religiosissimi genitori, i comportamenti del fratello adolescente Giacomo (Justin Korovkin), già formato nelle belle lettere (e poeta, con riprovazione della madre, una beghina autoflagellatrice, di pertinenza dell’ottima Marta Paola Richeldi) ma tanto schivo e timido, il quale affida ai propri manoscritti pensieri assai sinistri sulla “paura come motore di tutte le cose”. L’altra faccia di Giacomo, notturna e panica, guida, (nei sogni?) il fratellino sui passi della Bestia sterminatrice, un canis lupus, si direbbe, per uccidere il quale è stato ingaggiato, infine, uno zingaro cacciatore, Scajaccia (Mirko Frezza), che si presenta e parla, anch’egli, in maniera obiettivamente sinistra.

La storia, liberamente adattata, nella sceneggiatura della stessa regista, da un romanzo di Michele Mari, progredisce insieme all’escalation degli attacchi dell’ignota presenza, che dal macellare gli animali passa a dilaniare gli uomini. E insieme ai tremori di Orazio, man mano che nei meandri della casa, in capo a oscuri anditi, va scoprendo vecchi quadri nascosti e legge, tra i volumi del fratello, memorie attinenti a una sorta di maledizione che graverebbe da secoli sulla famiglia. Da questa matassa complessa di misteri, il filo che verrà sbrogliato (e fino a quanto, verrà sbrogliato, ovviamente non lo diciamo) non è affatto prevedibile, perché gli indizi seminati, come si dice delle costellazioni natali, inclinano ma non determinano. Hai mai avuto paura? non ha, del resto, il proprio barincentro in un whodunit, non mira alla quadratura del cerchio, alimentandosi, invece, del sentimento evocato dal titolo, che va crescendo a misura che Orazio procede tra le svolte del labirinto, tra i fatti sanguinari che si moltiplicano all’esterno e le tenebre domestiche.

A manovrare simili studi sulla paura occorre essere abili, e l’esordiente Ambra Principato l’abilità la possiede: soprattutto nel dosare il lento e il veloce, che significa riuscire a non impaludarsi nei ritmi narcotici che sono sempre il maggior rischio degli horror “meditativi” e ad alzare la marcia, ma senza strafare, quando bisogna che le cose non solo avanzino di gran carriera, ma corrano. A Justin Korovkin sta addosso, non solo il peso dell’incipiente gobba che fu tratto distintivo del personaggio al quale si ispira (con l’aria che tira di questi tempi, potrebbe pure essere che il riferimento in molti strati di pubblico sfugga, anche se entra in scena persino una Silvia), ma soprattutto quello di rendere plausibile che in Giacomo coesistano emisferi opposti, che il lato palese occulti la parte oscura e tagliente, indipendentemente dal fatto che questa ci sia o meno. Perché poi è di questo, in fin dei conti, che stiamo parlando e in cui affonda bene i denti Hai mai avuto paura? Non tanto che la Bestia o l’Ombra esistano, dentro o fuori, ontologicamente, quanto del dubbio, dello spazio vuoto e nero verso il quale si inerpica il pensiero a questa possibilità, proiettandoci nella paura. E magari, ancora più in là, nell’angoscia.