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Gwen

2019
Titolo Originale:
Gwen
REGIA:
William McGregor
CAST:
Eleanor Worthington-Cox (Gwen)
Maxine Peake (Elen)
Mark Lewis Jones (Mr. Wynne)

Il nostro giudizio

Gwen è un film del 2019, diretto da William McGregor.

Siamo più o meno tutti d’accordo sul fatto che la nobile e dimenticata arte dell’inquietudine non venga più tanto praticata sui nostri schermi, grandi o piccoli che siano. Ciò nonostante, per nostra immensa fortuna, c’è ancora gentaglia come William McGregor che, al pari di colleghi ben più blasonati come Ari Aster, Jordan Peele e Robert Eggers, non volendosi arrendere alla desolante evidenza dei fatti, si dedica ancora anima e corpo a infondere una sana dose di perturbante malessere nelle proprie opere, senza ricorrere alle consuete cazzabubbole da brividi preconfezionati a suon di jumpscare ed effetti assortiti. Con una tale dedizione alla causa e con un così forte amore per la propria arte, non stupisce che un piccolo gioiellino indie come Gwen abbia conquistato in brevissimo tempo gli occhi e il cuore di coloro che il cinema lo amano e lo rispettano, facendo incetta di stima e approvazione già durante la prima trionfale proiezione al Toronto Film Festival.  Tutto questo scalpore ha di fatto un qualcosa di parecchio miracoloso, tenendo conto della torbida e suggestiva natura da folk tale che Gwen porta impressa sulla propria pelle di celluloide, guadagnandosi meritatamente un posticino di risalto se non affianco quantomeno nelle strettissime vicinanze di un pezzo da novanta come The Witch, altra fiaba nerissima dall’umido sapore rurale con cui la creatura di McGregor conserva numerose assonanze, tanto estetiche quanto narrative.

Anche se, infatti, dalle puritane comunità coloniche del New England di inizio XVII secolo ci si sposta nella gelida e impervia brughiera gallese di metà Ottocento, il fulcro del racconto rimane sostanzialmente il medesimo, ovvero la lotta di un desolato e sparuto nucleo familiare in pieno disfacimento contro una forza tanto oscura quanto spietata, la cui natura ultramondana rimane tuttavia a lungo inconoscibile e non meglio verificabile. Quando le già magre piantagioni iniziano a marcire e lo scarso gregge cade vittima di una moria decisamente misteriosa, la bella e fragile Gwen (Eleanor Worthing-Cox) dovrà difendere la dolce sorellina (Jodie Innes) e la sempre più disturbata madre (Maxine Peake) da quella che crede essere un’oscura forza maligna. Nel mentre, il padre risulta disperso in Crimea, un’epidemia di colera imperversa spietata nella valle e un gruppo di avidi capitalisti senza scrupoli premono per mettere le loro sozze zampacce sulla preziosa terra della famigliola, confinante con una miniera di recente costruzione. Fra deliri religiosi, incubi notturni e tanta tanta tensione latente, la nostra piccola eroina avrà modo di far luce su di un segreto al contempo terribile e spietato, preludio di un destino davvero poco felice. Il primo fondamentale pregio di Gwen sta tutto nel non dare mai nulla per scontato fino agli ultimissimi minuti prima dei titoli di coda, giocando un sonoro tiro mancino allo spettatore nel corso della modesta ora e venti di durata, durante la quale si è scaltramente portati verso una tesi che, udite udite, viene eccellentemente gettata alle ortiche nel corso del semplice quanto spietato epilogo.

Il tutto viene magistralmente orchestrato da McGregor con una tale potenza visiva che a tratti risulta impossibile non scorgere il respiro tragico e malsano di un Macbeth o l’influenza di alcuni recenti trattati sulla deviante desolazione umana come The Wind e The Vanishing. L’orrore di frontiera tematizzato da Emma Tammi viene infatti usato come mero pretesto per accrescere il dubbio circa la dimensione esoterica del Male che bussa letteralmente alla porta, mentre la lenta e devastante implosione emotiva del microcosmo protagonista del thriller marinaresco di Nyholm dimostra di essere stata qui ben assimilata e digerita, scegliendo di asciugare fino all’osso ogni sbavatura prettamente orroristica per concentrarsi sulle terribili conseguenze di un isolamento prolungato, con tutto ciò che una letale mistura di ignoranza, superstizione e sana paura può portare con sé. Un dramma praticamente tutto al femminile in cui niente è come sembra, dove nulla viene mai direttamente mostrato ma solo vagamente suggerito, lasciando che sia la nostra suggestionabile immaginazione a lavorare alacremente senza sosta. Il vento, il gelo, gli stenti e la sporcizia trasudano da ogni singolo pixel catturato dalla suadente fotografia desaturata di Adam Etherington, capace come pochi di farci provare orrore puro anche alla fredda luce del giorno, a dimostrazione di come, così come zio Hitch già ci insegnava a suo tempo, il vero orrore non ha bisogno del caldo abbraccio delle tenebre per smuovere i nostri sensi. Non serve dunque aggiungere che, così come il buon vino, anche Gwen è ovviamente destinato a robusti intenditori.