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Greyhound – Il nemico invisibile

2020
Titolo Originale:
Greyhound
REGIA:
Aaron Schneider
CAST:
Tom Hanks (comandante Ernest Krause)
Elisabeth Shue (Eva Krause)
Rob Morgan (George Cleveland)

Il nostro giudizio

Greyhound – Il nemico invisibile è un film del 2020, diretto da Aaron Schneider.

Essere un pastore, con l’eco delle tue stesse preghiere ancora nelle orecchie, gli sguardi storditi e incerti dei tuoi agnelli, mentre tu cerchi di decidere come cavar via il sedere di tutti dal bosco nero oceanico infestato di lupi spietati. In Greyhound, Tom Hanks è il comandate Ernest Krause, cognome che tradisce origini tedesche, incaricato di guidare una mandria di 37 navi alleate, nelle foci insanguinate della Seconda Guerra Mondiale. Il mare del Nord, grosso e sinistro, nasconde un gruppo di lupi marini Uboot, che spargono nafta e speranze dopo i primi assalti baldanzosi degli USA, salvo poi tornare all’attacco e decimare via via le grandi imbarcazioni.
Spettacolarità e gran ritmo per un classico film di guerra tratto dal romanzo The Good Shepard, scritto dallo specialista di avventure militaresche sotto coperta, Cecil Scott Forester. Il regista, Aaron Schneider torna quindi alla regia, a dieci anni dal minimale Get Low, e sceglie una battaglia navale convertita a parabola biblica. Tom Hanks oltre a gestire l’equipaggio della Greyhound è anche autore della sceneggiatura.

Non è la prima volta che si cimenta in questo ruolo. Ha già firmato tutti gli script dei film e degli episodi televisivi girati da lui stesso; perché forse a molti sfuggirà, ma Hanks è anche un valido regista. Nulla al confronto delle capacità attoriali, ovviamente, ma un professionista navigato e in questo caso anche navigante. Il personaggio di Ernest Krause, religioso e inquieto, mostra il vero volto al pubblico già nei primi fotogrammi, con l’espressione contrita di un uomo solo e fragile. Generoso, buono e aggrappato a Dio in ogni secondo, lo vediamo raggiungere i suoi uomini con indosso la maschera del saldo comandante. Innamorato di una donna (Elizabeth Shue) che poco prima della sua partenza per la più importante missione della sua carriera, rifiuta di sposarlo al fine di non trasformarsi poco dopo in vedova, Ernest sente profondamente la responsabilità delle anime che lo circondano. Come il valente pastore della parabola evangelica, cerca di guidare le sue pecorelle lungo la vasta brughiera famelica senza fare distinzioni.

La metafora cristologica è evidente fin dall’inizio, quando l’approccio spirituale e dolente del comandante gli impedisce di unirsi ai festeggiamenti dei suoi uomini, dopo aver abbattuto un sommergibile nemico. Per lui sono tutte anime, difese o annientate, e vorrebbe salvarle invece di colpirle. L’approccio religioso del soldato va oltre il manierismo da accademia cattolica e sale a livelli quasi ossessivi. Non ci sorprenderemmo a vedere il comandante rinchiudersi nella propria cabina e sfogarsi con un monologo lacrimante punteggiato da veementi frustate sulla propria schiena. C’è un momento in cui l’arrivederci della Shue sembra rivelarsi sempre di più un addio per ragioni non del tutto spiegate. Le cose poi iniziano a degenerare sul serio quando le impronte dei piedi del comandante Krause lasciano tracce di sangue sul pavimento, come a suggerire le potenzialità stigmatiche di un futuro santo bombardiere. Nella seconda parte, dopo aver gestito alla grande tutta la fase degli scontri e gli affondamenti, Schneider rischia di affogare il suo Greyhound nella retorica più stancante. Se da una parte Tom Hanks attore salva il film dalla mediocrità con i suoi sguardi smarriti e timorati, allo stesso tempo, sempre Tom Hanks sceneggiatore finisce per sbagliare l’atterraggio, con una conclusione un po’ troppo sfuggente e catechistica.