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Greenland

2020
REGIA:
Ric Roman Waugh
CAST:
Gerard Butler (John Garrity)
Morena Baccarin (Allison Garrity)
Roger Dale Floyd (Nathan Garrity)

Il nostro giudizio

Greenland è un film del 2020, diretto da Ric Roman Waugh.

Quando arriva la fine del mondo il problema più grande, oltre a sopravvivere, è sacrificare la vita degli altri per aver salva la propria. Chi cede ai sentimentalismi, difficilmente se la cava. I film americani ci dicono questo, per quanto sia dura, pensa a te stesso e ai tuoi famigliari stretti. Non c’è titolo apocalittico che non tenda a concentrare il dramma sulla massima “noi o loro”. Potrebbe trattarsi di un’invasione zombie, alieni o epidemie, il bunker è sempre troppo stretto per far entrare tutti i parenti e gli amici. Nel caso di Greenland si tratta di una cometa a colpire la terra, come andava di moda negli anni 80. Si chiama Clarke e tutti ne parlano al telegiornale. L’architetto John Garrity (Gerald Butler) ha altro a cui pensare. Sua moglie Allison (Morena Baccarin) l’ha lasciato da poco. C’è un rapporto coniugale da concludere e ricostruire in modo diverso, anche se lui è ancora innamorato pesto di lei. Inoltre i due hanno un bambino, Nathan (Roger Dale Floyd) e per John è difficile garantirgli che andrà tutto bene, quando il suo mondo si sta disintegrando. Poi però nei cieli sfrecciano i caccia dell’esercito e il suo cellulare suona mentre sta facendo la spesa col figlio. È un numero governativo che informa John, per ragioni sconosciute, che lui, sua moglie e il figlio sono stati scelti per essere messi in salvo in un rifugio. Dovranno recarsi lì in fretta, portando il telefono con il codice di accesso.

Una coppia in crisi affronta il male (ovvero la natura spietata che cancella mondi e specie fregandosene di tutto e tutti) e trova lo spunto per rinsaldarsi. Quante volte abbiamo visto film così? Possibile che per rimettere insieme una coppia occorra una cometa, quattrocentomila morti e la Florida spazzata via? Paradossalmente sì. Ecco come siamo messi, oggigiorno. Sappiamo già che i buoni ce la faranno a salvarsi, anche se in fondo non lo meritano più di tanti altri. Straziante la scena in cui la famiglia Garrity riceve l’invito a mettersi in marcia per il rifugio proprio davanti a una comitiva di amici, i quali invece realizzano di non essere contemplati tra i “salvati” ma tra i “sommersi”. Quello che davvero spaventa di Greenland, anche se non c’è di mezzo una pandemia, è la sensazione che comunque abbiamo sperimentato tutti di recente: la sensazione straniante e ambigua di un Governo che senza dirci chiaro cosa stia succedendo, ci toglie piano piano ogni certezza, glissando su quello contro cui ci stiamo schiantando. Che sia un virus imprevisto o una cometa poco importa. Non saremo i primi a sapere che succede là fuori e non saremo noi a scegliere chi si salverà e chi perirà sotto i bombardamenti dell’ecosistema. Tutto ciò che è concesso ai poveri e piccoli contribuenti, è di vivere infelici la disintegrazione sociale del matrimonio, della famiglia e dell’identità personale. Questo nella migliore delle ipotesi. Altrimenti ecco l’Apocalisse.

Greenland non vuole dirci troppe cose. È un bel polpettone con Gerald Butler. Poteva esserci Tom Cruise e avremmo avuto lo stesso film, ma forse per il budget a disposizione non poteva permetterselo. Pop-corn e Coca-cola mentre l’ennesima fine dell’America ci passa davanti, però è un lavoro che l’ex stuntman Ric Roman Waugh allestisce efficacemente, con ritmo e tensione a modo. Certo, mette in scena la totale incapacità degli uomini di pensare collettivamente, ma queste cose possono essere ignorate tra un burp alle bollicine e un salto adrenalinico sul divano di casa. I Garrity sono solo interessati ai Garrity. Se si salvano loro tre, il resto del mondo può anche andare. Lo spettatore, preso dalle peripezie di coloro in cui si identifica, pensa la stessa cosa. Il finale, con l’uccellino biblico che fa capolino sulla devastazione, riconduce tutto a un nuovo amplesso tra l’America e il Padreterno vecchia maniera, quello che capisce di più, tra inondazioni, figli sacrificati in decine di guerre e la sempiterna, consolante vendetta. Insomma, tolta la consueta retorica a stelle e strisce avviluppa l’intera storia, ma Greenland vi promette molta angoscia e niente sbadigli per quasi due ore. Butler se la cava con poco sforzo e quando proprio all’ultima inquadratura fa sì con la testa, è l’architetto che solennemente si adopera per ricostruire i grattaceli che una bizzosa cometa ha spazzato via, donando però a lui, un insperato presepe da cui ricominciare.