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Greener Grass

2019
Titolo Originale:
Greener Grass
REGIA:
Jocelyn DeBoer, Dawn Luebbe
CAST:
Jocelyn DeBoer (Jill)
Dawn Luebbe (Lisa)
Beck Bennett (Jill)

Il nostro giudizio

Greener Grass è un film del 2019, diretto da Jocelyn DeBoer e Dawn Luebbe.

Un film davvero molto strano, ambientato in un posto decisamente molto strano, popolato da persone inequivocabilmente molto strane che fanno cose oggettivamente molto ma molto strane. Questo in soldoni il modo più schietto ed efficace per poter dar conto di Greener Grass, un grottesco, surreale e sbarellatissimo trip cinematografico color confetto che par cavato fuori dritto dritto da una seratina ad alta gradazione alcolica fra Todd Solondz e John Waters. C’è infatti la bella Jill (Jocelyn DeBoer), fan sfegatata delle sciarpe-mutandina che decide, così su due piedi, di prestare il proprio pargoletto appena nato all’amica Lisa (Dawn Luebbe), quest’ultima in procinto di dare alla luce nientemeno che un bel pallone da calcio. Ci sono anche il marito di Jill, Nick (Beck Bennett), disposto ad abbeverarsi solo con l’acqua distillata della piscina e il loro figlioletto Julian (Jullian Hillard), autentico secchioncello con seri problemi d’incontinenza. Ci sono infine anche Miss Human (D’Arcy Carden), maestra elementare con la fissa per la morte nel vecchio west e l’insegnante di Yoga drag Queen, responsabile, forse, dell’accoppamento della precedente collega. E poi niente: bambini che si trasformano magicamente in cani, un maniaco imbustatore che terrorizza il vicinato, gente che pasteggia direttamente dal pavimento ed altri che portano candele votive ad una misteriosa donna barbuta.

E, ovviamente, manco a dirlo, tutti quanti a sfoggiare il proprio apparecchio per i denti, grandi e piccini. Insomma, alla fin della fiera c’è un po’ di tutto e di più in questo Greener Grass, un autentico schizzatissimo incesto filmico fra un Desperate Hosewife in salsa lynchiana, una deflagrazione in piena regola delle care vecchie commediole borghesi alla Doris Day e una pasticciata alquanto morbosa dei pastellosi universi infantili targati Wes Anderson. Un gran bel beverone cinematografico ipercalorico, capace come pochi di trasmettere fin da subito allo spettatore la disturbantissima sensazione di trovarsi in uno schizofrenico loop dell’incipit di Velluto blu, con le sue belle sorridenti famigliole felici, i bianchi steccati e rossi tulipani a danzare nel vento. Il tutto prima che uno scatenato corpo estraneo, affetto da inconcepibili morbosità surrealiste, irrompa improvvisamente a deflorare integralmente la zuccherosa armonia di questa idilliaca Pleasantville condita di LSD. Un piano d’attacco estetico e narrativo che lo scoppiettante duo di registe e interpreti DeBoer-Lebbe dimostra di aver meditato a tavolino fin nei minimi dettagli, portando a piena maturazione quel microcosmo folle e patinato già coraggiosamente accennato nel cortometraggio omonimo del 2015, da loro stesse sceneggiato e diretto da Paul Bigatti.

Se mai vi dovesse capitare sotto mano dateci un’occhiatina: quindici minuti di follia assoluta che fungono da antipasto a questa ben più ricca e succulenta portata. Le nostre due monellissime cineaste se la danno dunque alla pazzissima gioia, non prima ovviamente di aver concluso un corroborante e necessario tuffo nel weird cinema tout court, da Marco Ferreri a Leo Carax passando obbligatoriamente per Ulrich Seidl e il troppo poco menzionato Rolf de Heer. Mischiare tutto ‘sto ben di Dio in un pastone cinematografico ben equilibrato è stata sicuramente un’impresa ardua e non sempre efficace, così come dimostra il marcato scostamento fra una forma davvero esplosiva e una sostanza decisamente meno fragrante, con la sensazione di aver assistito a un divertissement straordinariamente bizzarro ma, in fin dei conti, totalmente fine a sé stesso. Un plauso sincerissimo a Greener Grass e elle sue due intrepide autrici, con solo il piccolo dispiacere di non aver scavato un po’ più a fondo nella loro brulicante creatura, alla ricerca di una quadratura che non fosse la semplice messa in berlina, così, per puro spirito garibaldino dadaista, dell’opulenta, sonnacchiosa e spietata borghesia a stelle e strisce. Comunque al Sundance hanno apprezzato assai, e noi, pertanto, non possiamo che accodarci di buon grado.