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Going Clear

2015
Titolo Originale:
Going Clear: Scientology and the Prison of Belief
REGIA:
Alex Gibney
CAST:
Lawrence Wright
Mark Rathbun
Monique Rathbun

Il nostro giudizio

Going Clear, Scientology and the Prison of Belief è un documentario del 2105, diretto da Alex Gibney.

La prova che le sorti dell’uomo non sono progressive sta nelle religioni, che originano tutte tra i 3.000 e i 1.500 anni fa, poi stop.  Bisogna arrivare al 1900, il secolo dei fumi, per trovare qualcosa di nuovo, un culto pray per view pensato per gabbare il fisco, ché le tasse, non l’inferno, sono la dannazione per ogni capitalista del pianeta. Parlo di Scientology, cerco di farlo con rispetto, con sospetto ed anche un po’ di dispetto. La base della mia cultura sul tema è Trapped in the Closet, la formidabile puntata di South Park che inscenava l’origine del mondo secondo Scientology. Ora ci ho aggiunto Going Clear, Scientology and the Prison of Belief, andato in tv su HBO e acquistato da Lucky Red per la distribuzione nei cinema d’Italia. Due ore di viaggio allucinante nella religione cosmica, tra immagini di repertorio e testimonianze, senza riuscire a svelarne l’enigma del consenso. Il documentario di Alex Gibney è un atto d’accusa programmatico, parte dalla condanna ed esibisce prove a sostegno. Non un’operazione alla The Act of Killing, con la realtà disvelata attraverso parola e racconto; qui la parola è veicolata su un binario avente origine e destinazione predeterminate.

Si parte da Lafayette Ron Hubbard, carismatico quanto Charles Manson, sinistro quanto Benedetto XVI, che da scrittore di fantascienza tascabile si trasformò in profeta inventore dell’elettro-psico-metro (E-meter), due barattoli di latta e qualche elettrodo per misurare la massa tangibile dei pensieri traumatici e avviare l’adepto sulla via della progressiva chiarezza, cioè su una scala spirituale con un prezzo per ciascuno dei gradini da salire. Non ridete, e ci vuole rispetto. Tutto parte da Hubbard, ma più che sulla sua salute mentale sarebbe stato il caso di chiarire le intenzioni  di chi ancora oggi, volontariamente, si sottopone all’E-Meter, specie quei vip trend setter opinion leader diventati apostoli della chiesa. Mi irrita l’intervista al fuoriuscito Paul Haggis, grande accusatore, prodigo di particolari sulla coercizione psichica subita e sui soldi versati (250 k$), laconico sulla ragione per cui lui, agiato e colto, diventò adepto, per stress, o per amore, boh? Anche le altre interviste descrivono i meccanismi di coercizione del sistema (Scientology come il nazismo, dice chiaramente Gibney), ma they don’t going clear, non chiariscono se Scientology vada considerata, più che una chiesa, una loggia, un’associazione segreta multilivello per perseguire interessi privati attraverso la sovversione e l’uso del potere. Nessuna risposta, quindi il mio dispetto.

Ciononostante, Going Clear, Scientology and the Prison of Belief regala uno squarcio di ombra, John Travolta seguace timido e autoreferenziale, e due lampi di sinistra luce: David Miscavige e Tom Cruise. Il primo, leader successore di Hubbard, è un clone di Jordan Belfort Lupo di Wall Street, replicante dagli anni 80 in grado di portare Scientology a un fatturato di 3 bilioni di dollari, a 20 milioni di seguaci e ad un controllo renziano sui media. La stella, tuttavia, resta Tom, i suoi interventi alle convention tra trombe, esplosioni e palloncini, il suo sorriso cibernetico mentre arringa le platee, e poi la storia della sua separazione da Nicole, il ripudio della moglie scientologista, l’attività diplomatica verso altri mitomani invasati (Sarkozy, Blair) per far riconoscere a Scientology lo stato di culto anche in Europa e quindi evitare che i profitti siano sottoposti a una tassazione laica. E qui si ritorna all’inizio, che cioè tutto sto crisma abbia l’unica finalità di consentire una biblica, galattica evasione fiscale. E se Berlusconi, anziché scendere in campo, fosse salito su un altare?