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Glorious

2022
REGIA:
Rebekah McKendry
CAST:
Ryan Kwanten (Wes)
J. K. Simmons (voce di Ghatanothoa)
Tordy Clark (Sharon)

Il nostro giudizio

Glorious è un film del 2022, diretto da Rebekah McKendry.

Glorious ha la stessa radice di glory hole, il buco della gloria leggendario nella cultura e nella pratica del sesso gay, consumato soprattuto – come da tradizione – nei bagni malmessi e nelle stazioni di servizio. Ma Glorious significa anche glorioso, degno di ammirazione e venerazione, insomma ciò che si addice a un dio: sarebbe proprio una divinità quella che Wes (Ryan Kwanten di True Blood), un uomo appena lasciato dalla sua donna, si trova davanti nel bagno di una stazione di servizio, nel film diretto dalla regista Rebekah McKendry. Per meglio dire, si tratta di una specie di dio e l’uomo non se lo trova esattamente “davanti”: quando resta intrappolato nella sordida toilette la voce che gli parla proviene da un bagno chiuso ma con un foro, da un glory hole appunto, posto al centro del disegno di una creatura tentacolare che sostiene di essere una divinità. Così il disperato Wes, nome importante del genere (Craven, naturalmente), si trova costretto ad ascoltare la creatura e seguire le sue indicazioni con l’obiettivo più antico della storia: evitare la distruzione del mondo. Per la verità il film ha un inizio piuttosto tradizionale: il protagonista, col cuore a pezzi, vaga senza meta e giunge nella stazione di servizio, dove sceglie di liberarsi degli effetti personali, i ricordi e le memoria che l’amore svanito si lascia dietro.

A seguire, immancabile, ecco la sbornia epocale e Wes che si risveglia proprio sul pavimento del bagno. Potrebbe esserci arrivato da solo, stordito dall’alcool, niente di più facile, e invece qualcuno (qualcosa…) inizia a chiamarlo dal bagno chiuso, con la voce di J.K. Simmons che governa il gioco recitando col solo timbro vocale, non si vede mai. Budget limitato, effetti speciali semplici ma efficaci, plasmati sulla dissolvenza e il non visto, film breve (79 minuti) che evita ogni prolissità contemporanea, anzi rende la sua durata un esercizio di secchezza e concisione; soprattutto un’idea folle alla base, una divinità lovecraftiana, una sorta di enorme e orrido polipo che alberga nel cesso di una stazione di servizio. Il quale dice di chiamarsi Ghatanothoa che, chi ha letto Lovecraft lo sa bene, è proprio il primogenito di Cthulhu nell’albero genealogico delle creature del maestro. Quando Ghat, diminutivo del mostro, informa Wes che deve fare qualcosa per lui inevitabilmente, in tale situazione, il ragazzo si avvicina al muro e fa per infilare il pene nel glory hole…

Rebekah McKendry convoca forme dell’orrore con uno sconfinato amore per il genere: c’è Lovecraft, come detto, ma anche quel micro-filone di horror purpureo e allucinato che sboccia negli ultimi anni, da Mandy a Il colore venuto dallo spazio, che da un racconto di H.P. era direttamente tratto. Ma Glorious è ancora diverso. La sua ironia è caustica, cinica, senza tregua: sta tutta nell’idea di prendere un archetipo dell’horror e riscriverlo sotto forma di pratica omosessuale. Un dio malvagio che si nasconde in un bagno per soli uomini. E anche il buco, un altro stereotipo di genere, vedi per ultimo John and the Hole, diventa qui un altro tipo di buco… Il concetto alla base e lo svolgimento sono entrambi fantastici. E la creatura è davvero chi dice di essere? È il diavolo oppure un’allucinazione? La vedremo mai? Domande che si formano nella mente nel corso della visione, condotta mirabilmente dalla regista e tutto il cast. Se vogliamo prenderlo seriamente, invece, il film si può leggere come una resa dei conti psicanalitica con se stesso che gradualmente porterà a capire la vera natura di Wes, sino alla rivelazione finale che ovviamente tacciamo. Ma qui c’è poco da essere seri. C’è solo da divertirsi, c’è solo da godere.