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Gli anni amari

2019
REGIA:
Andrea Adriatico
CAST:
Nicola Di Benedetto (Mario Mieli)
Sandra Ceccarelli (Liderica
la madre)

Il nostro giudizio

Gli anni amari è un film italiano del 2019 diretto da Andrea Adriatico.

Per uno strano scherzo del caso, mentre Gabriele Muccino spopola con la solita epopea generazionale edulcorata, Gli anni più belli, nelle sale approda anche l’ottimo Gli anni amari di Andrea Adriatico: che sembra, neanche a farlo apposta, il contraltare del dramedy nazional-popolare mucciniano, tanto nel titolo quanto nella sostanza. Da una parte, un film mainstream e consolatorio, dall’altra un impegnato e disilluso viaggio in uno dei movimenti (e momenti) culturali più dibattuti e delicati: Gli anni amari racconta infatti la vita di Mario Mieli (1952-1983), scrittore, intellettuale, attivista e performer omosessuale, personalità di rilievo nella fondazione del movimento LGBT italiano e morto suicida a trent’anni. Lo stesso Adriatico scrive la sceneggiatura insieme a Grazia Verasani (autrice del romanzo Quo vadis, baby?, da cui sono stati tratti gli omonimi film e serie tv) e Stefano Casi (autore di un saggio su Mieli), e crea un film biografico che si eleva a rappresentazione di un’epoca: gli anni del Sessantotto e della contestazione, vissute fra illusioni, speranze e lotte socio-politiche, ma anche amare disillusioni, un momento storico che ha segnato un prima e un dopo nella storia culturale e politica italiana. Mario Mieli è interpretato dal bravissimo attore Nicola Di Benedetto, qui al suo debutto cinematografico ma proveniente da varie esperienze teatrali e performance artistiche, e il film ripercorre la vita di Mieli dal liceo fino alla tragica morte. Milanese, figlio di genitori benestanti (Sandra Ceccarelli e Antonio Catania), vive insieme a loro e ai sei fratelli, ma è considerato la pecora nera della famiglia: viaggia a Londra e aderisce a vari movimenti, per esprimere liberamente la propria sessualità e lottare per i diritti degli omosessuali, attraverso manifestazioni ed esibizioni provocatorie.

All’attivismo unisce la scrittura di libri, mentre si ripercorrono le sue tormentate storie d’amore con numerosi amanti, fra cui Umberto Pasti (Tobia De Angelis), le frequentazioni con outsider del mondo della cultura, e le turbe mentali che lo spingeranno al suicidio.  Andrea Adriatico ha al suo attivo due lungometraggi (Il vento, di sera e All’amore assente) e vari documentari: l’omosessualità e l’impegno sociale sono temi ricorrenti nel suo cinema, per cui Gli anni amari è sì un progetto ambizioso, ma assolutamente nelle sue corde, e i risultati gli danno ragione. Trattasi di un tipo di cinema controcorrente, impegnato e militante che era molto frequentato in Italia negli anni Settanta (Bellocchio, Bertolucci, etc.), ma che oggi scarseggia, e di cui c’è molto bisogno. È un film “contro”, cioè contro le istituzioni, le discriminazioni, la società bigotta; è un film impregnato della controcultura sessantottina (vedasi le riunioni dei collettivi, dove si fumano canne e si discute di vita e società); è un film profondamente politico, poiché Mieli (e anche il regista) intende il corpo e la libertà sessuale come uno strumento di lotta politica. Attraverso la figura di Mieli, Gli anni amari ripercorre il Sessantotto e i turbolenti anni Settanta – nel protagonista, libertà personale e libertà collettiva vanno di pari passo – dunque la contestazione, l’emancipazione femminile e LGBT, le manifestazioni di piazza, le droghe psichedeliche, mentre riecheggiano funesti gli anni di piombo (gli omicidi di Lorusso e Pasolini, il sequestro di Moro).

È un viaggio in una personalità estremamente sensibile e tormentata, sregolata e geniale, avversa ad ogni forma di omologazione e pervasa da una profonda solitudine, a cui dà vita l’ottimo attore protagonista: Nicola Di Benedetto interpreta Mieli in modo quasi mimetico (del resto, anche lui è un performer), riproducendo movenze ed espressioni del viso (supportato anche dal buon trucco), la voce effeminata, nonché il suo modo di vestire femminile, sgargiante, anticonformista e provocatorio. Andrea Adriatico riesce a fare di necessità virtù – la produzione non ha presumibilmente un budget altissimo, nonostante la presenza di Rai Cinema – per cui rinuncia alla spettacolarità per mettere in scena un ritratto intimo, non privo però di un ritmo frenetico (fin troppo, in certi momenti) e quasi scorsesiano, verrebbe da dire, e ricostruendo l’epoca in modo efficace. Un contributo decisivo, in tal senso, va alla colonna sonora, con la presenza diegetica di numerosi brani rock e pop di quegli anni. Ampio spazio è dedicato a discorsi per niente scontati su rivoluzione, sessualità, filosofia e vita, mentre purtroppo – forse per una precisa scelta registica – scarseggiano i momenti erotici, limitati a una breve sodomizzazione di Mieli, qualche nudo e alcuni baci appassionati.