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Ghostbusters – Minaccia glaciale

2024
Titolo Originale:
Ghostbusters: Frozen Empire
REGIA:
Gil Kenan
CAST:
Mckenna Grace (Phoebe Spengler)
Finn Wolfhard (Trevor Spengler)
Paul Rudd (Gary Grooberson)

Il nostro giudizio

Ghostbusters – Minaccia glaciale è un film del 2024 diretto da Gil Kenan.

Giunto al suo quinto adattamento cinematografico, il franchise di Ghostbusters prosegue, come da manuale, lo schema del legacy sequel messo in moto nel precedente Ghostbusters: Afterlife. Gil Kenan, sceneggiatore di quest’ultimo, assume qui la regia, riprende i cacciatori di fantasmi dei primi film, comparsi in maniera sensazionale solo nel finale del quarto capitolo, e li integra in pianta (semi)stabile nella narrazione, permettendo loro di interagire più intensamente con le due nuove generazioni di ghostbusters. Tre anni dopo gli accadimenti di Afterlife, la famiglia Spengler – composta dalla piccola e geniale Phoebe (Mckenna Grace), il fratello maggiore Trevor (Finn Wolhard), Callie (Carrie Coon) e il patrigno Gary (Paul Rudd) – prosegue l’attività di acchiappafantasmi. Tuttavia, la dimensione familiare si estende a un’organizzazione dotata di strumenti tecnologici all’avanguardia (tra cui persino un estrattore di fantasmi) e di personale specializzato. La minaccia, annunciata in un breve ma suggestivo prologo ambientato nel 1904, consta di un manufatto che racchiude Garraka, un demone capace di congelare gli ambienti – metafora delle paure per il cambiamento climatico? – e che viene consegnata a Ray Stantz (Dan Aykroyd) dall’opportunista Nadeem (Kumail Nanjiani) che l’ha ricevuta in eredita e cerca di trarne profitto. Come in un film catastrofico di Roland Emmerich, una nuova era glaciale si abbatte sulla città simbolo degli Stati Uniti e gli unici capaci di opporsi sono coloro che impugnano dei fucili protonici.

L’abissale insuccesso del remake del 2016 ha spinto i produttori a mantenersi in maniera rigorosa sulla stessa linea dell’originale, cercando di replicarne pedissequamente la formula, senza lasciar passare troppo tempo tra una citazione e una strizzata d’occhio per lo spettatore-fan. Così come Afterlife, Minaccia glaciale mantiene questa rotta e accumula sullo schermo citazioni dalla saga classica e dalla serie animata, riproponendo situazioni e personaggi già conosciuti all’interno di uno schema narrativo pressoché invariato. Spot pubblicitari d’epoca e veri oggetti del merchandising vengono inseriti nel tessuto diegetico e riproposti come appartenenti all’universo narrativo fittizio con un’operazione che rasenta il metacinema. L’unica vistosa deviazione, all’interno di un manipolo di personaggi ingestibile per la durata di un lungometraggio, è quella presa con il subplot di Phoebe, alla quale è dedicato un vero e proprio percorso di coming of age. Il suo statuto di minorenne le impedisce di partecipare alle missioni, con annesse incomprensioni con gli adulti e una fuga verso un’amica fantasma che sembra essere l’unica a comprenderla: quasi una tematizzazione sulla necessità di espellere lo spirito bambinesco dalla storia per approdare ad atmosfere lievemente più cupe. Quando Jason Reitman prese le redini del franchise creato dal padre, sottovalutò l’approccio umoristico e fiabesco dei primi film, qui infatti ridotti ai minimi termini.

Il risultato finale è deludente, ricco di intrattenimento ma povero di coraggio, ossessionato dal contatto continuo con il fan e dal bisogno di imporre nuovi oggetti di merchandising (gli omini di marshmallow). Il ritorno sullo schermo dei personaggi originali non ha sortito gli effetti sperati e persino la vena comica caustica di Bill Murray, incontenibile nel primo capitolo, sembra ormai essersi accasciata. Anche dal punto di vista spettacolare, nonostante una regia che a tratti sembra ispirarsi molto al dinamismo di Sam Raimi e qualche momento riuscito (il leone di pietra posseduto), Ghostbusters – Minaccia glaciale compie dei passi a metà: se lungo tutto il film la dimensione urbana è fortemente connotata e alla città di New York viene regalata una corposa serie di panoramiche aeree, quando si giunge all’arrivo della catastrofe finale il film si chiude a riccio e ambienta lo scontro con il villain esclusivamente all’interno delle quattro mura del quartier generale degli acchiappafantasmi. Pur riuscendo a replicare con lo stampo il meccanismo della storia, a Frozen Empire manca la scintilla magica che aveva fatto la fortuna del primo capitolo.