Featured Image

Gemini

2017
Titolo Originale:
Gemini
REGIA:
Aaron Katz
CAST:
Lola Kirke (Jill LeBeau)
Zoë Kravitz (Heather Anderson)
John Cho (Detective Edward Ahn)

Il nostro giudizio

Gemini è un film del 2017, diretto da Aaron Katz.

Gira e rigira, raschiando il fondo del barile, la solfa è più o meno sempre la stessa: un cadavere, una pistola, parecchio sax mood e un gigantesco punto di domanda. Lungi dal considerare il noir un genere morto e sepolto assieme al buon vecchio zio Bogie, Aaron Katz ha opportunamente messo da parte la seppur interessante esperienza da comedy geriatrica di Viaggio al Nord (2014) per tornare felicemente a trastullarsi con la stessa brumosa materia dei furono Quiet City (2007) e Cold Weather (2010), realizzando, con Gemini, un discreto mistery thriller imbevuto dell’ormai rodata neon-estetica alla Refn e in gran parte occhieggiante ai metafisici racconti lynchiani delle mille oscure tensioni latenti in agguato nei sobborghi dello showbiz a stelle e strisce. Qui, ovviamente, il tiro è molto più basso e controllato (per non dire scontato) rispetto all’eleganza di un Mulholland Drive, ma la voglia di complicarsi la vita con acrobazie drammaturgiche e atmosfere galleggianti a scoppio ritardato è più o meno la medesima, così come prescritto dalla sacra ricetta di un genere che, da John Huston a Brian De Palma, non ha mai voluto rendere la nostra vita di spettatori troppo facile, nemmeno sotto tortura.

Decisamente più incisivo a livello di forma che non di contenuto, Gemini vede la giovane e intraprendente Jill (Lola Kirke) improvvisarsi detective dell’ultima ora con l’intenzione di far luce sulle reali circostanze dell’improvvisa morte dell’amica Heather (Zoë Kravitz), promettente starlette hollywoodiana di cui era anche assistente personale. Immergendosi sempre più a fondo in un marcio e brulicante mondo popolato da oscuri ed equivoci personaggi, Jill verrà in contatto con una verità a dir poco inaspettata e decisamente sconcertante, forse legata all’ossessione morbosa di una misteriosa fan. Donne, fumo e asfalto bagnato, neanche a dirlo, sono sempre a portata di mano. A dirla tutta, fatta eccezione che per qualche stuzzichevole sotto testo lesbo-saffico, Gemini non aggiunge poi molto a un discorso riguardante l’ossessione per la fama e la notorietà che il seminale The Fan non avesse già ben sviscerato nel lontano 1996, dimostrandosi ingenuamente fuori tempo massimo nel suo seppur sincero tentativo di tematizzare ulteriormente un fenomeno ancor oggi molto pregnante, soprattutto con l’avvento dell’universo social.

Ciò che la creatura filmica partorita da Katz compie con onesto e competente mestiere, invece, riguarda la tinteggiatura di un’ennesima figura di assistente/detective/ alter ego (da cui la “gemellarità” del titolo prende evidentemente le mosse) che tanto sembra affollare la recente cinematografia al femminile, dalla Kristen Stewart di Personal Shopper alla Eva Green del polanskiano Quello che non so di lei, mettendo ancora più in evidenza come i tempi dei virili Sam Spade e Philip Marlow siano ormai tramontati, lasciando il posto alle medesime femmes fatales che per molti (troppi) anni li hanno mestamente accompagnati in svilenti ruoli di contorno. A essere sinceri, Gemini non appare né come un buon né come un cattivo film, semplicemente svolge a dovere la propria funzione di perpetrare, nell’era 3.0, un tipologia di racconto per immagini nella quale è, per l’appunto, l’atmosfera a far da padrona, valicando, col potere di un suggestivo impianto formale, una struttura narrativa decisamente poco originale e certamente non in grado di far perdere toppo il sonno. Il finale potrà apparire, a un primo impatto, un’autentica supercazzola con scappellamento a destra, ma, a essere onesti, dopo l’indecente epilogo del Black Dahlia depalmiano, ogni trucchetto paraculo è sicuramente ben accetto, anche una resurrezione modello Beautiful.