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Fury

Titolo Originale:
Fury
REGIA:
David Ayer
CAST:
Brad Pitt (Don 'Wardaddy' Collier)
Shia LaBeouf (Boyd 'Bible' Swan)
Logan Lerman (Norman 'Machine' Ellison)

Il nostro giudizio

Fury è un film del 2014, diretto da David Ayer.

Con il suo nuovo film di guerra, Fury, David Ayer non perde il fuoco sulla sua poetica ma di contro compie una manovra di “stilizzazione” delle immagini con l’obiettivo di divenire più appetibile agli occhi del grande pubblico. La sua narrazione rimane lenta ma mai noiosa; e, cosa ancora più importante, rimane cinematografica, rifiutando gli standard della tv adattati al grande schermo. La bella inquadratura a campo lungo viene in questo modo pienamente valorizzata sul grande schermo a scapito del piccolo, su cui si rischierebbe di non apprezzare il film a dovere. Il tasso di violenza rimane invariato rispetto ai suoi lavori precedenti, e in quest’ultimo viene evocativamente rappresentato come sangue che concima i campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale; è in questo contesto che il povero Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt) fa i conti con gli spettri della guerra dall’interno del suo carro armato Fury.

In Fury Ayer riesce a esaltare al massimo la metafora della violenza per sottolineare il fatto che ogni persona sia composta di carne, sangue e lacrime; scrittore e co-produttore, oltre che regista del film, Ayer scala infatti in secondo piano il tema della guerra, mettendo in risalto il dramma dell’uomo tra gli uomini, come già in Sabotage. L’eccessiva fragilità del corpo, espressa a più riprese durante il film, è in realtà allegoria di una più profonda e invisibile fragilità dell’animo umano, messo a dura prova dalla costante “guerra” dei rapporti umani. L’utilizzo della violenza nel cinema di Ayer si rivela dunque proiettato verso la consapevolezza della fragilità umana. La guerra è il teatro dove uccidi o sei ucciso e lo sventurato Norman Ellison (Logan Lerman) deve essere educato a fare i conti con questa realtà per sopravvivere. Il gioco americano del loser che tenta di diventare winner qui non esiste: i personaggi di Ayer hanno già perso e sembrano fare a gara a chi sia più loser.

Non ci sono eroi, solo personaggi “meno neri”. In questo contesto, l’amore conquista timidamente i suoi spazi, profilandosi come il bene più prezioso e diventando spesso (come per Breacher in Sabotage) causa di ulteriore violenza. Fury consacra l’estetica della violenza del cinema di David Ayer, mantenendo il fuoco sulla fragilità umana, ma facendo un passo in avanti nella sua realizzazione estetica, molto più coraggiosa e personale rispetto ai precedenti film.