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Frogman

2023
REGIA:
Anthony Cousins
CAST:
Nathan Tymoshuk (Dallas)
Benny Barrett (Scotty)

Il nostro giudizio

Frogman è un film del 2923, diretto da Anthony Cousins.

II mockumentary, ovvero il falso narrato come se fosse vero, si è dimostrato sin dai primi passi il formato ideale per narrare i criptidi, mostri e creature presenti nel folklore di ogni paese del mondo, con la stessa aurea di serietà e di presunta verità con cui essi vengono tramandati nelle singole leggende. Tra queste creature il bigfoot è sicuramente quello più noto e che di conseguenza è stato trasposto più volte al cinema, partendo dal prototipico The Legend of Boggy Creek (1972) fino ai più recenti Willow Creek (2013) ed Exists (2014). All’interno di questo sottofilone, che si divarica nell’intersezione tra il mockumentary e il monster movie, si inserisce Frogman, esordio nel lungometraggio di Anthony Cousins che, anche da sceneggiatore, adatta un mito locale minore, il poco noto uomo rana di Loveland, una cittadina dell’Ohio in cui una rana dai tratti umanoidi, alta più di un metro, è oggetto di avvistamenti sin dagli anni Cinquanta ed è diventata, col passare degli anni, la mascotte della città. La storia inizia negli anni Novanta alle porte della cittadina, verso la quale una famiglia sta viaggiando in macchina. Durante una sosta, il piccolo Dallas, armato di telecamera, riprende ai bordi della strada il mitico Frogman.

L’incontro con la creatura segna la vita del ragazzino in più modi. Il video da lui girato lo rende famoso, ma allo stesso tempo ne viene costantemente messa in discussione la veridicità. Anni dopo Dallas (Nathan Tymoshuk), intenzionato a zittire i dubbi sull’autenticità del suo filmato, decide di produrre un documentario sul Frogman e si reca a Loveland con la stessa vecchia telecamera, l’amico Scotty che lavora come operatore alla camera (Benny Barrett) e un’amica presentatrice, Amy (Chelsey Grant). Quello che inizialmente trovano è il classico marketing di un paesino che sfrutta il fascino del frogman sui turisti e una serie di personaggi balzani. Grattando la superficie, il team si trova però in un grosso pericolo, di cui la creatura è solo una parte.

Come parte di un percorso del genere found footage, Frogman non aggiunge e non toglie nulla e anzi contiene in maniera sistematica tutti i pregi e i difetti della media delle produzioni. In particolare, ha una narrazione che tarda parecchio a entrare nel vivo pur di soffermarsi sull’impostazione della storia e del trio dei protagonisti, di cui solo Dallas è davvero approfondito nella sua ossessione nei confronti della materia. La prima metà del film è sostanzialmente un rosario di interviste con un numero eccessivo di scene leggere e buffe che dovrebbero accentuare il realismo della messinscena. Un esempio è la sequenza con il finto frogman che vaga per la foresta come esca per i turisti e che sembra voler insinuare un certo discorso sulla veridizione dell’audiovisivo, in coppia con il dubbio insinuato sulla natura del filmato d’apertura, e di conseguenza un percorso di riflessione sul found footage. La seconda parte – e qui troviamo i pregi – accantona ogni premessa teorica e si trasforma in un adattamento del lovecraftiano La maschera di Innsmouth, con annessi culti nascosti, uomini ibridati con animali, creature divine e sacrifici umani. Contro la logica del genere (e del basso budget) che impone di centellinare la visione del mostro per aumentarne la resa orrorifica, Cousins al contrario non si tira indietro e, pur tra filtri e disturbi dell’immagine da analog horror, non risparmia nessun dettaglio allo spettatore, regalandoci sequenze realmente inquietanti con la presenza del mostro e qualche mutazione splatter, grazie al buon lavoro sugli effetti speciali di Ryan Schaddelee. Superato quindi il macchinoso inizio, ci si trova di fronte a una soddisfacente e rapida escalation di tensione, tra Lovecraft e il body horror.