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Feud: Bette and Joan

2017
Titolo Originale:
Feud
CAST:
Jessica Lange (Joan Crawford)
Susan Sarandon (Bette Davis)
Judy Davis (Hedda Hopper)

Il nostro giudizio

Feud: Bette and Joan è una serie tv del 2017,  creata da Ryan Murphy

Hey, little girl, comb your hair, fix your make-up, soon he will open the door/Don’t think because there’s a ring on your finger, you needn’t try any more./For wives should always be lovers too,/Run to his arms the moment that he comes home to you./ I’m warning you, /Day after day, there are girls at the office and the men will always be men,/Don’t stand him up, with your hair still in curlers, you may not see him again./Wives should always be lovers too.(Wives and Lovers, Burt Bacharach, 1963)

Fin dalle prime inquadrature di Feud: Bette and Joan, il tocco (magico, per chi lo ama) di Ryan Murphy si manifesta in tutta la sua efficacia : nell’uso del colore, nelle inquadrature, nella ricerca di dettagli preziosi. Siamo nella Hollywood dei primi anni 60 e le atmosfere degli sfarzosi ambienti dell’ epoca  sono riprodotte in maniera tanto verosimile quanto eccessiva ed accecante, come se un perenne sole artificiale fosse puntato per tutto il tempo sulla scena. In alcuni momenti sembra di rivivere certe atmosfere di Asylum, seconda stagione di AHS in cui  Ryan Murphy aveva rappresentato  la vita nei manicomi americani  proprio negli anni 60: stessa epoca, quindi, e stessa capacità di riprodurre gli ambienti, tanto patinati e a tinte forti quanto freddi  e cinici, di un’ America che faceva ancora i conti con la discriminazione razziale e sessuale, a dispetto dell’ondata di femminismo e anticonformismo che pure caratterizzarono quegli anni. E la  colonna sonora, pur includendo  brani di diversa estrazione, risulta più efficace proprio con quei pezzi che meglio rispecchiano il clima dei fatti narrati: Paul Anka, Perry Como , Brenda Lee, Jack Jones,  sono queste le voci che meglio commentano gli avvenimenti  che si succedono sullo schermo, i “favolosi” anni 60 fatti di canzoni leggere e romantiche, raffinate e popolari. In questa cornice si inserisce la  vicenda della storica rivalità tra le due attrici Joan Crawford (Jessica Lange) e Bette Davis (Susan Sarandon), in particolare come essa si manifesta durante la realizzazione del film che le vide recitare insieme Che fine a fatto Baby Jane?, un thriller psicologico del 1962  diretto da Robert Aldrich (interpretato qui da Alfred Molina). E così come la rappresentazione di questa rivalità avviene attraverso la contrapposizione tra  le due dive e i loro rispettivi mondi, tutta la trama sembra riflettere  questa dialettica del contrasto e altre coppie di opposti vengono ad animare la narrazione: il cinema di ieri e quello di oggi, il bianco e nero e il colore (numerosi  gli inserimenti di spezzoni di storici film in bianco e nero interpretati dalle due protagoniste), Broadway ed Hollywood, uomini e donne.

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Ne viene fuori una sorta di struttura a intrecci regolari che regala al piano narrativo un ritmo cadenzato e costante  che mette subito a proprio agio l’audience, intervallato sapientemente da Murphy con stralci di interviste, ambientati alla fine degli anni 70, ad altre attrici del tempo ormai ancora più invecchiate, che testimoniano e raccontano  episodi noti e meno noti delle biografie delle loro due colleghe, raccontando aneddoti anche sulle loro  vite private (mariti, figli, amanti, debolezze e vizi) e contribuendo  a riprodurre l’immagine  di un’ epoca in cui la bellezza e l’astuzia erano le armi migliori che una donna poteva avere per barcamenarsi in un universo ancora tanto maschile. Anche loro sono interpretate da grandi volti del cinema: nomi del calibro di Kathy Bates (Joan Blondell), Catherine Zeta-Jones (Olivia de Havilland) e la immancabile (per Murphy) Sarah Paulson (Geraldine Page) sembrano stare al gioco, tutto ryaniano, di accettare ruoli in TV per carenza di parti adatte nel cinema, tema che poi è centrale per le due protagoniste dello show, che lavorando  in serie televisive sembrerebbero rassegnarsi alla mancanza di personaggi  a loro adatti sul grande schermo. Quando la  proposta fatta a Joan Crawford di tornare al cinema con una sceneggiatura basata sul romanzo di Henry Farrell, Che fine ha fatto Baby Jane?, dopo una serie di “corteggiamenti” al regista Aldrich e alla rivale di sempre Bette Davis (che intanto si è data ai palcoscenici di Broadway), ha un esito favorevole, la sceneggiatura comincia a prendere forma e addirittura, cosi come espressamente richiesto da Joan, la rivale Bette ne sarà la protagonista con lei comprimaria.

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I discorsi e le riflessioni sul cinema che emergono  da Feud: Bette and Joan sono perle che ci danno un chiaro spaccato della Hollywood del tempo: Broadway e il teatro sono il rifugio per  gli attori sul viale del tramonto, Hitchcock ha sdoganato il thriller psicologico (genere in cui rientrerebbe il film che si sta andando a realizzare), con buona pace del tema del doppio, c’è molto sessismo nel mondo del cinema e i registi si permettono con le attrici comportamenti che mai oserebbero con una star maschile; e poi, e soprattutto, l’età che avanza: un dramma tutto femminile, perché un bell’attore invecchiato sarà un attore maturo e interessante, un’attrice col passare degli sarà solo una vecchia. Ma il talento non ha sesso e non ha età, e nel momento in cui, finalmente, assistiamo al primo ciak di  Joan/Jessica nei panni di Blanche Hudson, sfiorita  e su una sedia a rotelle, siamo totalmente trasportati da un effluvio di emozioni e incredulità di fronte a una interpretazione in cui la realtà e la finzione si intrecciano cosi sapientemente su tre livelli e la mostruosamente brava Jessica  Lange (che risulta, almeno fin qui, una spanna più in alto della pur validissima Sarandon) riesce ad incarnare ed esprimere,  in poche inquadrature, tutta  l’intensità e la profondità di un  (melo)dramma. Comunicandoci così che  le Autumn Leaves, le foglie morte citate nella canzone di Nat  King Cole, sottofondo alla scena in cui Aldrich /Molina va a casa di Joan regalandole il 33 giri della colonna sonora del film omonimo di cui lei circa dieci anni prima era stata protagonista (e che a lui fece meritare l´Orso d’argento), non sono morte ma hanno ancora da vivere una splendida fase della loro carriera.