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Fear Street Parte 3: 1666

2021
REGIA:
Leigh Janiak
CAST:
Kiana Madeira (Sarah Fier / Deena)
Elizabeth Scopel ('Vera' Sarah Fier) Benjamin Flores Jr.

Il nostro giudizio

Fear Street Parte 3: 1666 è un film del 2021, diretto da Leigh Janiak.

Si paventava il rischio di veder deragliare l’operazione Fear Street su ambizioni fuori controllo, e così puntualmente è stato. Il terzo e ultimo atto della tripletta è, prevedibilmente, il più debole e meno riuscito, carico di momenti interessanti ma complessivamente assai meno godibile di quanto messo in piedi negli episodi preparatori. Una visione comunque consigliabile, se non altro come certificazione di apprezzamento per il lodevole progetto di partenza. Lo sforzo di far quadrare i conti (narrativi, ma soprattutto tematici) dei già convulsi primi film nega a Fear Street Parte 3: 1666 quella leggerezza da popcorn movie che faceva la forza dei precedenti 220 minuti. Oltre all’operazione-svecchiamento giovanilista dello slasher classico aggiornato al pubblico mainstream del nuovo decennio, la gloria del franchise di Leigh Janiak stava proprio nel divertimento del raccontare, nel senso di libertà offerto da un teen horror che, finalmente, non lesinasse su sangue e cattiveria. Nel momento in cui tale libertà cede il posto agli obblighi di tornaconto legati allo scombinato plot, traducendosi (dopo un avvio eccellente) in un atto finale a base di spiegoni e retorica, è difficile ritrovare l’entusiasmo di partenza. La volontà, puntualmente confermata dall’autrice, è quella di rilanciare, sistemando le basi per una saga a più innesti: mai il miglior presupposto per la realizzazione di un singolo grande film.

Arrivati al terzo salto temporale, Fear Street Parte 3: 1666 gioca ancora una volta a ribaltare le aspettative lanciate da teaser e sinossi. Il film precedente prometteva una chiusura gloriosa all’insegna del folk horror, ed effettivamente è in quella direzione che guarda il validissimo primo atto – con tanto di ricostruzione storica del villaggio puritano sul quale sorgerà la cittadina protagonista, e più di un gradevole omaggio alla tradizione britannica del sottogenere (la unholy trinity del 1969-1973, ma l’Eggers recente è altrettanto importante). Inutile dirlo, è la parte che funziona meglio, con molto sangue e i primi sinceri momenti inquietanti della serie: nell’ingenuo quanto onesto remix dei passati capolavori del genere (meno proficuo e sicuramente più complesso rispetto ad un Halloween), apprendiamo dunque l’origine della “maledizione” di Shadyside e della ricca città-gemella Sunnyside, attraverso un infame processo alle streghe avvenuto sullo stesso suolo tre secoli prima. Poco più di un prologo allungato, in realtà; ciò cui il film punta è ricollegarsi al primo capitolo, chiudendo la linea narrativa aperta all’inizio in un gran finale lento e non particolarmente brillante. E qui il grande affresco ci saluta, in una caccia al mostro tutti-contro-tutti più confusionaria che liberatoria, accumulando scene madri e infine schiantandosi contro stereotipi troppo banali per concedere giustificazioni.

“We are weird, smart and different”, proclamano i losers della cittadina maledetta, alla riscossa contro le losche trame dell’upper class locale: c’è, chiaramente, un problema di scrittura. La sensazione che fin dall’inizio del progetto si stesse provando a nobilitare a suon di Morale un sottogenere segretamente ritenuto spazzatura già c’era, ma la qualità della confezione bastava a indorare la pillola. Tutti i limiti autoriali di Janiek e Graziadei vengono a galla nel momento in cui, non fidandosi dell’intelligenza del proprio pubblico young adult, scelgono di far parlare i personaggi al posto delle immagini; la grossolana metafora di rivalsa sociale all’americana (Hot Fuzz per la generazione Joe e Kamala) si prende dunque il proscenio, rivelando negli abominevoli dialoghi da terza media il reale peso del suo radicalismo da agendina Smemoranda. Chi è che non si ritiene “weird, smart and different”? L’ingenuità può essere perdonata, il paraculismo meno. Complici i fardelli di dover piacere a tutti per assicurare vita alla saga, e il proverbiale laissez faire editoriale Netflix (garanzia di prodotti lanciati nel mucchio senza supervisione di alcun tipo), più in là dell’onesto intrattenimento non si arriva. Al momento di contare i punti, Fear Street mostra tutte quelle debolezze di fondo che l’innegabile freschezza del tutto aveva mascherato. Una produzione adeguata avrebbe forse calato l’accetta, tagliato quindici minuti e ridotto all’osso i tragici dialoghi: ma i content servono subito, la richiesta e troppa e non è più il caso di perdere tempo in sottigliezze. L’obbiettivo di partenza è centrato al millimetro: una impeccabile, divertente e innocua tripletta di horror estivi, tarata sui gusti dei nuovi adolescenti. Se ne ricorderanno tra dieci giorni?