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Fargo – Stagione 4

2020
REGIA:
Michael Uppendahl, Noah Hawley, Dearbhla Walsh, Dana Gonzales
CAST:
Loy Cannon (Chris Rock)
Oraetta Mayflower (Jessie Buckley)
Josto Fadda (Jason Schwartzman)

Il nostro giudizio

Fargo – Stagione 4 è una serie tv del 2020, ideata da Noah Hawley.

Fargo – Stagione 4, serie tv americana ispirata al film omonimo degli emeriti fratelli Coen del 1996, non tradisce le aspettative alimentate dai cicli che l’hanno preceduta, e si rivela fin dalle prime inquadrature uno spettacolo tanto complesso, per intrecci e riferimenti storico-culturali, quanto leggero ed ironico, riuscendo a strappare non pochi sorrisi attraverso un’ironia che, pur facendo leva su eventi che altrove risulterebbero grossolani (la scena della mega-scorreggia del boss Donatello Fadda in auto potrebbe esserne un esempio), mantiene un incredibile equilibrio di stile che va al di là dei fatti, grazie alle alte competenze narrative della produzione e della brillante sceneggiatura di Noah Hawley. Il racconto è ambientato nella Kansas City del 1950; alla base della trama vi è la storia di due famiglie criminali, una di origini italiane e una di origini afro-americane, e di tutti i loro tentativi di guerra e pace in una faida ricca di colpi di scena in cui, alle vicende dei gangster e delle loro famiglie, si intrecceranno quelle di altri riuscitissimi personaggi. La sigla è già un bigliettino da visita: dopo alcune scene in cui si fa riferimento, come in ogni stagione, alla realistica finzione della veridicità degli eventi e del diritto alla privacy dei sopravvissuti, un’inquadratura significativa passa attraverso le lettere cubitali della parola FARGO, sorprendendo lo spettatore ad ogni episodio.

Rappresenta una delle occasioni di sfoggio, da parte del team dei registi e del loro supervisore Hawley, di una sorta di perfezione nelle scene, soprattutto quelle che fanno leva sul vedo/non vedo, e quelle che esprimono punti di vista della macchina da presa molto originali ( nell’ultimo episodio la scena al cardiopalma della chiave nelle toppa ripresa dal basso è da antologia). La bravura dei protagonisti, da Chris Brown (le sue vane peripezie per farsi brevettare l’invenzione della carta di credito sono esilaranti) che parla con gli occhi, a Salvatore Esposito, che alla sua seconda grande prova dopo Gomorra dà conferma di un grande talento in un ruolo che gli sta a pennello, passando per Andrew Bird, musicista statunitense (ogni appassionato di indie-rock dovrebbe possedere almeno 2 o tre dei suoi album) che Hawley ha voluto a tutti i costi nel ruolo  di Thurman Smutny, singolare proprietario di una casa di pompe funebri, fino a Jason Schwartzman, fenomenale nel ruolo di Josto: tutti concorrono, in un fiction che ha molte scene teatrali (ci viene in mente Mamet), a creare il risultato di elevata qualità che viene offerto allo spettatore. La bellezza di questo Fargo – Stagione 4, una qualità presente anche nelle passate stagioni, è la compiutezza, l’idea di un universo che ci viene mostrato in un arco di tempo determinato e che in esso esaurisce, in maniera mai scontata, tutte le tematiche esposte nel succulento buffet dell’offerta, dalla religiosità al mai banale impegno anti-razzista e politico, corredate da episodi e scene ricchi di riferimenti storici, come Il Processo di Norimberga o il massacro di Sioux Falls, molto caro agli autori.

Spesso questi argomenti vengono snocciolati nel bel mezzo di dialoghi che, partendo da riflessioni apparentemente bizzarre – come quello nel quinto episodio tra Oretta, la ragazzina voce narrante dello show, e la sua zia criminale evasa – giungono a filosofiche conclusioni, come la descrizione del rapporto tra innocenza e criminalità e la differenza tra essere criminale ed essere fuorilegge. L’ambientazione negli anni ’50, epoca di forti discriminazioni razziali, offre lo spunto per diverse e sempre ben imbastite riflessioni sul tema e con diversi punti di vista, il cui comune denominatore è sempre la constatazione dell’inferiorità degli afro-americani che, se criminali, sono maggiormente perseguibili dei bianchi. Quando poi i protagonisti, che hanno vissuto la seconda guerra mondiale con tutti i suoi orrori, fanno un salto nel passato descrivendo il loro vissuto, come Josto nel ricordare la sua tristissima infanzia, l’atmosfera si fa quasi commovente e un brivido fa capolino tra tante situazioni grottesche. In alcune situazioni si coglie una vena di neorealismo: il nono episodio, tutto in bianco e nero,  sembra essere un omaggio al De Sica di Miracolo a Milano. Anche se poi la scena che sembra celebrare più di tutte il grande cinema è quella dell’inseguimento alla stazione, con tanto di scale e bebè in carrozzina, da sembrare un remake della stessa scena ne Gli intoccabili di Brian de Palma che a sua volta citava La corazzata PotëmkinFargo resta una delle serie più importanti nel panorama internazionale, conquistando il pubblico per la sua capacità di sperimentazione riuscendo a realizzare un prodotto sempre classico, inteso, nella sua accezione migliore, come fondamentale e, forse, perfetto.