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Fantasie di una tredicenne

1970
Titolo Originale:
Valerie a týden divů
REGIA:
Jaromil Jires
CAST:
Jaroslava Schallerová (Valerie)
Petr Kopriva (Orlìk)
Jirí Prýmek (Tchor-konstábl)

Il nostro giudizio

Fantasie di una tredicenne è un film del 1970, diretto da Jaromil Jires.

Una fiaba. Una storia dell’orrore. Una criptica discesa nel maelstrom della femminilità virginale e una risalita nel deserto tartarico della maturità vulvare, avida e gelosa, tié! Un canto carnascialesco che diviene liturgico; un patto col demonio che si trasforma poi in commedia romantica e ancora in un funerale di Lazaro. C’è di tutto in Fantasie di una tredicenne (Valerie and Her Week of Wonders… glissiamo sul titolo italiano, per carità): il gotico, il thriller, il panico e il tanato… Luis Buñuel, Jodorowsky, Questi, i Grimm e Terence Fisher, loro e molti altri sono lassù, li vedete, in cima alla montagna di Bergman, che danzano assieme alla nera mietitrice di celluloide. Soprattutto c’è l’anima anarcoide e ispirata di un movimento ingiustamente poco considerato dagli appassionati di cinema autoriale: il Novà Vlna (mi raccomando, è una L e non una I), che letteralmente in ceco significa Nuova Onda e rappresenta un equivalente della Nouvelle Vague, ma con numerosi distinguo politico-culturali, che ha visto protagonista, tra gli altri, il primo Miloš Forman. Questo film va vissuto in una specie di stadio meditativo, galleggiandoci sopra. L’ideale sarebbe il gradino tra sonno e veglia che di solito raggiungiamo durante una tribuna elettorale annichilente.

Qui è proprio la docilità del sopore che arriva, una risacca che ci leviga la sinapsi con le carezze di una madre antichissima.  In Fantasie di una tredicenne c’è simbolismo, ci sono significati sotterranei ma lasciamoli stare, sono innocui e pacifici vermicelli, tumori raziocinanti che si dimenano nel morbido e umido viscere del film. Le immagini contano di più. È tutto ciò che dobbiamo sapere. Guardiamo e permettiamo a questa continua danza di fanciulle lesbiche, preti infoiati, demoni e vampiri e zombie livorosi di sbatacchiarci la mente e l’anima come fossimo noi la dolce protagonista, così in boccio, così grondante di rossa fertilità su fiori spauriti. Probabilmente capirete poco anche di questa recensione ma è giusto che sia così. Non è possibile tradurre in parole quello che il regista ceco Jaromil Jires è riuscito solo a esprimere in quasi un’ora e venti di immagini, suoni e canzoni. Spiegare sarebbe come cagare sulla tomba dei suoi più sfrenati ideali.

L’infinito di un verso poetico che rimbomba nel vostro petto o la risata di scherno che si perde in un vicolo buio, ecco cosa possiamo scrivere per darvi un’idea di questo film. Fantasie di una tredicenne vi terrorizzerà e vi rasserenerà. Troverete mostri incalzanti e preghiere felici in fondo a un burlesco racconto. Nessuno vive e nessuno muore, come nel mito e nel viaggio onirico più antico che riusciamo a ricordare: al tempo in cui polluzione e sorriso esplodevano tra le nostre calde lenzuola, ancora prima che le bavose lumache della colpa si infilassero con noi nel giaciglio. E ci ridestiamo letteralmente dalla visione come da un sogno di rara intensità. Con la mente proviamo a ricostruire e più tentiamo di trattenere le immagini, le parole e le azioni per imbavagliarle in un bossolo di logica aracnide e più le avvertiamo sbriciolarsi sotto la pressione dei polpastrelli della nostra memoria.  Di sicuro era bellissimo e tanto ci basta.  Con un sorriso leggero ci riconsegniamo ancora alla tirannia della razionalità e alla condanna della gravità, sbuffando anidride solforosa e ruttando alle mele selvatiche.