Featured Image

Enea

2023
REGIA:
Pietro Castellitto
CAST:
Pietro Castellitto (Enea)
Giorgio Quarzo Guarascio (Valentino)
Benedetta Porcaroli (Eva)

Il nostro giudizio

Enea è un film del 2023, diretto da Pietro Castellitto.

Passano circa 20 minuti in Enea prima che qualcuno chieda al giovane piacente ed elegante personaggio del titolo, cosa fa per vivere. È probabile che il pubblico si chieda la stessa cosa. Questa, per essere onesti, non è un’omissione negligente nella sceneggiatura dello scrittore-regista-attore Pietro Castellitto, che ci dice fin dall’inizio che Enea, il figlio maggiore di una ricca famiglia romana, gestisce apparentemente un ristorante di sushi di fascia alta. Ciò che fa realmente, tuttavia, è una domanda a cui è meno facile rispondere in questo ritratto abilmente montato di privilegio e noia che fa pendere molto però la bilancia dell’empatia del pubblico per questo protagonista ricco e viziato. Inondato di scenografie che lussureggiano nel costoso edonismo dei ricchi ricchi, Enea mantiene il riferimento sociale dell’opera prima di Castellitto, I predatori, rivelando però di essere un po’a corto di idee e di spirito, e insistendo sugli effetti deleteri della ricchezza ereditaria per tutta la durata del film. È elegante il brio formale di Castellitto, chiaramente debitore a Paolo Sorrentino e a La grande bellezza nella sua forma più ostentata, in una versione sicuramente più alleggerita dell’elemento drammatico, benchè non priva di una sua estetica.

Essendo figlio del veterano attore e regista Sergio Castellitto, qui nel ruolo di Celeste, il padre stancamente distaccato di Enea, il giovane Castellitto, convincente nella prova d’attore, sa qualcosa sullo status ereditario, ma anche se nel film è presente una dimensione personale, non sembra intimamente sentita dal personaggio. Incontriamo per la prima volta Enea, irritabile e disimpegnato, in conversazione con la madre, la conduttrice televisiva Marina (Chiara Noschese) e il suo migliore amico Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio, una bella scoperta) a cena mentre discutono delle tensioni familiari, di nuovi matrimoni e della incertezza del futuro; quando Enea alza il bicchiere e propone un brindisi “al clan”, suona tutt’altro che sincero. In seguito, assisteremo alla egoistica preoccupazione della famiglia di Enea per l’improvvisa partenza della loro cameriera, per non farci dimenticare il loro carente contatto con la realtà. L’hobby di Valentino è fare il pilota il che, oltre alla sua simbolica fame di elevazione, giustifica anche alcune riprese aeree in picchiata della Città Eterna e dei suoi dintorni. È anche gay, solitario e apparentemente infatuato del suo amico di sempre, che è per lo più troppo ottuso e troppo distratto dalle apparenze patinate per intuire qualsiasi sentimento non suo. Enea guida il rapporto di amicizia con il suo omonimo punto di vista; Valentino è per lo più messo da parte. Idem per la fidanzata trofeo del protagonista, Eva (la sempre brava Benedetta Porcaroli, introdotta nel film attraverso una scena di tennis di evidente ispirazione antonioniana) e per suo fratello adolescente Brenno (Cesare Castellitto, restiamo in famiglia), pieno di problemi e insicurezze dell’età.

In effetti, un certo numero di persone nell’orbita immediata di Enea svolgono attività più interessanti dello stesso Enea, il cui disinvolto percorso attraverso la vita alla fine ha un effetto smorzante sul ritmo febbrile e circolare del film. Castellito ravviva il tutto con una vivida creazione di immagini, non da ultimo nelle copiose sequenze di feste, che mirano a una sorta di attrazione-repulsione: il talentuoso direttore della fotografia Radek Ladczuk (meglio conosciuto per il suo contributo in Babadook) guida la sua macchina fotografica cineticamente attraverso la folla, le luci stroboscopiche, l’arredamento eccessivamente piumato e le tende color zolfo, e più o meno ci riesce. Enea non può però fluttuare a lungo in questo grossolano abbaglio; la progressione di Enea e Valentino dallo spaccio casuale di droga al coinvolgimento più profondo nel mondo della malavita promette un nuovo assetto narrativo, ma Castellitto mantiene i dettagli a questo riguardo decisamente vaghi, quindi il procedimento non prende mai la forma di un dramma poliziesco. Il regista stesso ha descritto il film come una “storia di genere senza genere”, e come tale il film rispecchia efficacemente l’eguale distacco del suo protagonista da tutte le sfaccettature e le possibilità della sua vita favolosamente traballante. In teoria, questo ha senso. Dal punto di vista della sceneggiatura, tuttavia, si entra in un vicolo cieco, con l’aiuto di sporadici, plumbei riferimenti alla farsa e alla fantasia, tipo una debole battuta ricorrente su uno chef di sushi alle prese con un salmone. La tensione è spesso incerta, culminando in un uso fuorviante delle abilità aeronautiche di Valentino. Alla fine, anche il piacere delle spettacolari riprese di Ladczuk, delle scenografie luccicanti di Massimiliano Nocente e degli squisiti abiti lussuosi di Andrea Cavalletto cominciano a stancare e appesantire: una vacillante critica della ricchezza non può essere riscattata dalle splendide trappole tese dalla stessa, per quanto Enea ci provi generosamente, con una magica scena finale a metà strada tra Miracolo a Milano e LaLa Land.