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Ema

2019
Titolo Originale:
Ema
REGIA:
Pablo Larraín
CAST:
Mariana Di Girolamo (Ema)
Gael García Bernal (Gastón)

Il nostro giudizio

Ema è un film del 2019, diretto da Pablo Larraín.

Potrebbe essere un film sulle problematiche legate all’adozione, oppure sulla crisi di una coppia senza figli o anche la storia di una ballerina di reggaeton dallo spirito libero. In realtà, Ema, di Pablo Larraìn, in concorso per il Leone d’Oro alla 76ma edizione della Mostra cinematografica di Venezia, è molto di più. Il regista cileno che già aveva conquistato il pubblico del Lido nel 2016 con il suo Jackie, dedicato all’ex first lady Kennedy, qui ci propone una figura femminile totalmente diversa. Il suo carisma toglie il respiro e il suo linguaggio, verbale e fisico, è travolgente. Ema è una giovane donna che cerca se stessa senza porsi limiti. Esprime il suo dolore e la sua ribellione ballando per le strade e i movimenti del suo corpo diventano un potente richiamo sessuale. Convive con un profondo senso di colpa, ma non si rassegna. Il suo percorso attraversa l’amore coniugale, la passione per un’altra donna, le orgie lesbo, il tradimento oltre gli schemi, perché il vero tradimento sarebbe tradire se stessa. I capelli corti biondo platino e il corpo minuto, Ema – interpretata dalla straordinaria Mariana Di Girolamo, ventenne di Santiago – riempie lo schermo già dalla prima inquadratura quando, munita di lanciafiamme, incendia un semaforo.

La storia comincia da un fallimento. Quello di Ema e Gastòn (Gael Garcia Bernal), lei ballerina, lui coreografo, lei molto più giovane di lui, vivono sulla costa cilena, a Valparaiso. Quando li incontriamo hanno già alle spalle la sofferenza e il senso di colpa per aver adottato Polo, un bambino colombiano di 6 anni, e poi averlo restituito alla struttura. Polo era sicuramente un ragazzino problematico, difficile da gestire per una coppia fuori dagli schemi come la loro, ma l’episodio che rompe il fragile equilibrio della famiglia è deflagrante: Polo, giocando con i fiammiferi, dà fuoco alla sorella di Ema e le deturpa il viso. Perciò lo rispediscono al “mittente”, di comune accordo, salvo poi accusarsi l’un l’altra, tra rabbia e lacrime. Dall’abbandono di Polo, Ema inizia la sua personale Odissea alla ricerca di se stessa e di quella libertà interiore di cui non può fare a meno. Lascia il corpo di ballo sperimentale diretto dal marito e si esibisce sfacciatamente per le strade al suono del reggaeton: è un nuovo modo di vivere, l’inizio di una nuova vita. “Ema appartiene alla generazione nata in questo secolo o appena prima, una gioventù che esprime se stessa attraverso il corpo e la musica, davanti a tutti, senza alcuna vergogna. Il mio film vuole essere una testimonianza del mondo dei giovani oggi”, spiega il regista Pablo Larraìn.

Il dolore trasforma Ema in una donna che rifiuta di sottomettersi alle regole sociali: di notte è un’incendiaria, di giorno una calamita irresistibile per chiunque la incontri, uomini e donne. Nessuna la potrà fermare. Né le istituzioni, che le impediscono di rivedere Polo e di dirle da chi è stato adottato, né dal marito, né dalle convenzioni. Sa ascoltare le proprie emozioni e quelle altrui, sa dare e ottenere piacere, sa sedurre: chiunque. Ema balla, piange, grida, fa sesso con le compagne di ballo, con l’avvocatessa divorzista, con il vigile del fuoco che spegne i suoi incendi notturni. Ema ama- soprattutto la libertà. Con la sua forza riuscirà a costruire una nuova famiglia, una famiglia che nella nostra società ancora non esiste ma potrebbe esserci. Senza barriere, gelosie, possesso, limiti. Con questo film Pablo Lorraìn si è spinto ancora una volta oltre, nel tentativo – riuscito – di ritrarre un mondo che esiste già ma che alcuni non possono o non vogliono vedere.