Featured Image

Elvis

2022
REGIA:
Baz Luhrmann
CAST:
Austin Butler (Elvis Presley)
Tom Hanks (Colonnello Tom Parker)
Kodi Smit-McPhee (Jimmie Rodgers)

Il nostro giudizio

Elvis è un film del 2022, diretto da Baz Luhrmann.

Probabilmente a una prima lettura superficiale il cinema di Baz Luhrmann può essere riassunto come una sequela di immagini patinate, luminose, colorate e incollate a ritmo di musica e nulla più. Forse, ma con Elvis il regista tenta il fatidico passo in avanti, riuscendo a confezionare un prodotto titanico nella durata – quasi tre ore di film – quanto nei temi proposti. Se un film biografico ha una buona sceneggiatura il più del lavoro è già fatto, ma riuscire a incasellare mutevoli e molteplici piani di lettura crea qualcosa di unico, come fu lo stesso Elvis Presley, unico nel suo genere, nell’esibizione e talento musicale, come nelle costanti crisi intime che lo hanno colpito nel privato quanto nella vita artistica. Il Colonnello Tom Parker (interpretato da un truccatissimo e sempre ottimo Tom Hanks) ha allestito un circo e organizza spettacoli per il paese, ha occhio per i talenti da sfruttare per poi venderli al grande pubblico, perché lui ha l’arte oratoria e illusionistica di vendere facendo svuotare i portafogli delle persone. La sua vita cambierà quando assisterà allo spettacolo di un adolescente di nome Elvis Presley. Lui, fisso sul palco, ciuffo ribelle, trucco sotto gli occhi, giacche colorate, ancheggia e si muove con fare sinuoso e delicato.

Qualcosa di nuovo, per alcuni un’offesa, uno scandalo umano, ma il pubblico femminile è di tutt’altra idea: le ragazze sedute guardano quel corpo muoversi senza catene, con fare libertino e fortemente erotico. Durante lo show nessuna di loro regge all’emozione mentre una sensazione dai piedi sale fino a esplodere in mezzo alle gambe. Al gemito dell’orgasmo provato si sussegue un urlo, poi un altro, un altro ancora e un lancio libero di mutandine femminili sul palco. Un vero spettacolo, qualcosa di unico che il Colonnello non può non monetizzare. L’Elvis di Baz Luhrmann è una grande parabola della mercificazione del sesso, della volontà di vendere un desiderio sessuale a quel pubblico femminile che in un periodo storico delicato deve mostrarsi contenuto, perfetto nelle vesti di brave casalinghe o segretarie dall’aria stanca fedeli al marito. Elvis è la chiave dell’orgasmo intellettuale femminile, capace di far urlare voci e portafogli e il giovane si gode questi momenti, perché è giovane, ha i soldi e ha tirato fuori la famiglia dalla povertà. Le intenzioni di Tom Parker sono indirizzate solo ai soldi, mentre Elvis ama cantare, si riempie i polmoni del pubblico che lo guarda e lo applaude.

L’anima del film è in una frase che Tom Parker, quasi una sorta di narratore delle vicende, ripete spesso: Elvis è morto giovane non per via dell’abuso di farmaci, ma è morto per il troppo amore dei suoi fan. Una lettura contraddittoria, come lo è lo stesso personaggio che Luhrmann non smette mai di inquadrare come il classico viscido arraffatore, vivendo come una sanguisuga alle spalle della bellezza e del talento. Lui di talento artistico non ne ha, ammirato il giovane Elvis, vorrebbe avere qualcosa di lui, ma il denaro è l’unica grammatica che conosce. Luhrmann per confezionare il film regala la totale libertà al suo parco di attori con una sola richiesta: metterci tutta l’anima possibile, senza paura di gettarsi a terra, rotolarsi tra le persone, sputare o sudare sul microfono o sugli altri. Esattamente come uno spasmo sessuale, un gesto inconsulto, una penetrazione attiva nel cuore del pubblico. Elvis entra dentro senza protezione, esplodendo in una gioia incontenibile. Uno dei film più erotici degli ultimi mesi, pur stando fuori da questo categoria.