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Elegia americana

2020
Titolo Originale:
Hillbilly Elegy
REGIA:
Ron Howard
CAST:
Amy Adams: Bev Vance; Glenn Close: Mamaw Vance; Gabriel Basso: J. D. Vance; Haley Bennett: Lindsay Vance; Freida Pinto: Usha

Il nostro giudizio

Elegia americana è un film del 2020, diretto da Ron Howard

Mi sono imbattuta in Elegia americana di Ron Howard senza averne precedentemente letto nulla, se non che fosse l’adattamento di un best seller americano. Mi aspettavo un buon film e, salvo alcuni aspetti che ho apprezzato meno, così è stato. Sono arrivata al termine della visione soddisfatta della scelta, sia per essere riuscita a districare la matassa di proposte che Netflix mi offriva, sia per aver recuperato un film che volevo vedere da tempo. Quando, però, ho interpellato internet per leggere qualche informazione in più sulla storia, sono rimasta spiacevolmente colpita dalla durezza della critica. Le obiezioni mosse al film sono svariate; tra queste spiccano soprattutto quelle che lo giudicano un tentativo di vincere l’Oscar e che lo definiscono, quindi, un prodotto confezionato con un obiettivo ben preciso: la statuetta d’oro. Ciò che però mi ha spinta a fare ulteriori ricerche è stato comprendere, attraverso la lettura di vari articoli, che del memoir di J. D.Vance rimaneva solo più il dramma personale, a discapito di quella che era invece, nel libro, un’accurata analisi sociopolitica del proletariato bianco dei Grandi Appalachi.

Il romanzo, Hillbilly Elegy, diventato al momento della sua uscita – 2016 – un caso letterario in America per i temi attuali di cui tratta (tradotto poi in italiano da Garzanti nel 2020), fornisce, oltre all’autobiografia dell’autore, anche il punto di vista collettivo degli hillbilly, termine dispregiativo americano utilizzato per indicare gli abitanti delle zone rurali degli Usa (nonché principali responsabili della vittoria di Trump alle elezioni del 2016). Vance nel libro, attraverso il racconto della propria infanzia e adolescenza, coglie l’occasione per far emergere un ritratto lucido e doloroso degli abitanti dell’Ohio, suo luogo di nascita, i quali si trovano a dover fare i conti con condizioni di vita di estremo disagio e povertà. Ne viene fuori una storia in cui il vissuto del singolo è impregnato del contesto sociale e se uno dei due dati viene meno, la storia diventa manchevole e incompleta. Il film, invece, si sofferma solo su J.D. e la sua famiglia. Insiste molto sulla figura della madre tossicodipendente (Amy Adams) che esplode in manifestazioni violente nei suoi confronti e della nonna (Glenn Close) che, seppur senza strumenti e senza soldi, è riuscita a dare al nipote i giusti insegnamenti e la spinta a raggiungere un obiettivo, Yale.

Se guardato, quindi, come trasposizione cinematografica di un’autobiografia tanto complessa e articolata, Elegia Americana può in effetti apparire mancante di coraggio e di pretenziosità. Il cast a disposizione è notevole e il materiale su cui lavorare altrettanto, ma il disinteresse verso una tematica tanto attuale quale l’emarginazione delle popolazioni rurali americane ha fatto sì che un buon film diventasse, tirandone le somme, un film mediocre. Non sono dell’idea che un’opera tratta da un romanzo debba necessariamente essergli fedele a 360 gradi, ma penso che in questo caso non sia stata la scelta giusta scindere la storia individuale dalla dimensione collettiva che invece l’autore di Hillbilly Elegy si era premurato di raccontare e approfondire con tanta onestà e schiettezza, perché si perde l’occasione di portare alla luce una denuncia che fatica a trovare voce. Ma, ad essere onesti, temo che la critica ai tempi avesse particolarmente esagerato nell’espressione di giudizi così negativi: non credo che meriti di essere classificato tra i peggiori film del 2020