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El Bar

2017
Titolo Originale:
El Bar
REGIA:
Álex de la Iglesia
CAST:
Mario Casas (Nacho)
Blanca Suárez (Elena)
Alejandro Awada (Sergio)

Il nostro giudizio

El Bar è un film del 2017, diretto da Álex de la Iglesia

La prima ad avere l’intuizione geniale fu Agatha Christie. Prendente un eterogeneo gruppo di persone e ponetele in uno spazio delimitato minacciato da una qualche forma di pericolo non meglio specificato. Otterrete così la miccia esplosiva di un racconto ricco di suspense e suggestione nel quale tutto può davvero accadere. Senza tuttavia scomodare (o forse si?) l’autrice di Dieci piccoli indiani, quel gran geniaccio irriverente di Álex de la Iglesia sembra più che mai deciso a proseguire il proprio ribaldo e maramaldo progetto di dissacrazione controllata dei generi. E così, dopo le derive horror-kitsch di Le streghe son tornate, ecco che l’eclettico autore spagnolo realizza con El Bar un grottesco quanto affascinante esperimento di sociologia deviata del (micro)universo umano, a cavallo fra thriller puro e fantascienza cospirazionistica, condendo il tutto con la consueta abbondante dose di humour più nero della notte. Ed è così che, durante una giornata come tante, nove perfetti sconosciuti – specchio del gran calderone del genere umano medio –, si ritrovano, loro malgrado, asserragliati all’interno di un bar nel pieno centro di Madrid, in balia di due opposte oscure minacce.

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Mentre all’esterno un misterioso cecchino (un terrorista dell’Isis?) fa scempio di chiunque tenti di uscire per strada, all’interno del locale pare essere in agguato una qualche forma di epidemia virale (Ebola?), forse portata da un misterioso uomo deceduto in circostanze poco chiare. Una situazione al limite dell’assurdo che farà ben presto nascere sospetti reciproci fra gli spaesati compagni di sventura, mettendoli uno contro l’altro in una battaglia di sopravvivenza senza esclusione di colpi, il tutto mentre l’area circostante viene isolata e messa in quarantena. Attraverso la struttura di un serrato kammerspiel al limite col teatro dell’assurdo, El Bar non nasconde mai la volontà del proprio autore di giocare al rimpallo con le numerose citazioni che ne costituiscono l’ossatura portante, le quali spaziano dai classici del filone external threat come Gli Uccelli a Distretto 13 – senza dimenticare ovviamente opere come The Mist o ATM –, fino a titoli che vedono all’opera incontrollabili forze virulente scaturite in luoghi conchiusi come Cabin Fever e The Evil Dead, ponendo infine un occhio di riguardo nei confronti dello sniper movie sul modello di Tower Block e In linea con l’assassino.

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Un gran calderone di derivazioni cinematografiche che de la Iglesia utilizza con arguzia e sapienza per dar forma a un racconto ricco di fascino metaforico sin dai titoli di testa, nei quali la computer grafica illustra un vasto (e microscopico) universo di organismi batterici che, oltre ad anticipare una delle derive che la narrazione assumerà a breve, delineano chiaramente una sprezzante allegoria in cui la forte stereotipia dei personaggi (la belloccia snob, il pubblicitario griffato, il ruvido ex poliziotto, il gigionesco barista, il vagabondo predicatore ecc.) si fa specchio di un altrettanto virulento ed “entomologico” micromondo dove ciascuno pensa solo alla propria sopravvivenza. Soffrendo un poco di stanchezza nella parte centrale, El Bar riesce tuttavia a mantenere un ritmo incalzante e un potere d’attrazione tutto sommato costante, grazie soprattutto a un montaggio intensivo di campi e controcampi che fanno da contraltare al sublime pianosequenza iniziale – marchio di fabbrica del cineasta –, assieme alla consueta cura per l’apparato estetico, il quale si tinge di allucinata oscurità in un epilogo di progressivo abbruttimento fisico e morale capace di richiamare le ambientazioni fognarie de Il quarto uomo così come di non dare assolutamente alcuna chiara e definitiva esplicazione a quanto accaduto.