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El ataúd de cristal

2016
Titolo Originale:
El ataúd de cristal
REGIA:
Haritz Zubillaga
CAST:
Paola Bontempi

Il nostro giudizio

El ataúd de cristal è un film del 2016, diretto da Haritz Zubillaga

Esordio alla regia del giovane regista spagnolo Haritz Zubillaga, El ataúd de cristal, è un film che avrebbe benissimo potuto rientrare nel dossier di settembre dedicato ai Trap-movies, cioè quei film nei quali una o più persone restano prigioniere di un’unica diabolica location. Ancora? Ebbene sì, ma non è così male. L’idea non è delle più originali. Il film è ambientato tutto all’interno di una macchina (una lussuosa limousine) proprio come Cosmopolis (2012) di David Cronenberg o (in parte) Dolan’s Cadillac (2009) di Jeff Beesley, tratto da Stephen King. In pratica: una bella, ricca e famosa attrice, sale sulla limousine che è venuta a prenderla per portarla a un vernissage. Peccato però che a quel vernissage lei non arriverà mai; ma in compenso si troverà prigioniera di una trappola diabolica. Qualcuno l’ha rapita e non le permette di uscire dalla vettura.

La donna, all’inizio, pensa a uno scherzo, non sa di chi sia la voce volutamente distorta che la invita a spogliarsi come non ha mai dovuto fare al cinema e crede si tratti di uno scherzo del fidanzato. Lei ci ride sopra, ma ben presto si rende conto che le cose stanno diversamente da come crede. Fin da subito il film di Zubillaga vira sul kinky e in pratica si riduce a un semplice quesito: quanto è disposta a umiliarsi (sessualmente parlando) l’attrice snob per aver salva la vita? Tra le scene memorabili, lei costretta a fare un blow job al tacco a spillo della sua calzatura, fino a vomitare una copioso getto caldo di bile che, illuminato dal neon delle luci della limousine, potrebbe sembrare sperma. Insomma, ci si va giù duri, ed è forse l’unico modo per mantenere alto l’interesse di un pubblico ormai avvezzo a questo tipo di dinamica.

A metà di El ataúd de cristal, il twist con la spiegazione del perché del sequestro di persona – non troppo difficile arrivarci da soli, a dire la verità – e, subito dopo, un incredibile confronto mortale con il sequestratore che, nell’iperbole degli effetti speciali, sembra una creatura mostruosa uscita da qualche horror splatter degli anni ’80/’90 (tipo la donna con la sclerosi multipla di Cimitero vivente). Insomma, un film confuso, certo, imperfetto, ovvio, e, forse, un tantino ingenuo, ma con una certa energia di pancia che rende lo spettacolo per lo meno accattivante. Considerando poi che si tratta di un prodotto spagnolo e, pensando a quanto in difficoltà sia oggi la loro produzione di genere post-REC, non c’è da sputarci sopra.