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Drive My Car

2021
Titolo Originale:
Doraibu mai kā
REGIA:
Ryūsuke Hamaguchi
CAST:
Hidetoshi Nishijima (Yusuke Kafuku)
Tôko Miura (Misaki Watari)
Masaki Okada (Kōji Takatsuki)

Il nostro giudizio

Drive My Car è un film del 2021, diretto da Ryūsuke Hamaguchi.

Il 2021 si è rivelato un anno piuttosto fortunato per il sempre più celebre Hamaguchi, che non soltanto vince l’Orso d’argento e il Gran premio della giuria al Festival di Berlino per Il gioco del destino e della fantasia, ma anche il Prix Du Scénario al Festival di Cannes per Drive My Car, che conquista inoltre il Golden Globe al miglior film in lingua straniera e ben quattro candidature ai Premi Oscar 2022. Yusuke è un attore e regista teatrale di grande fama che conduce un’esistenza tutto sommato pacifica, nonostante l’ombra di una sofferenza non lo abbandoni mai. Sua moglie Oto invece è una sceneggiatrice di altrettanto successo che convive con un segreto inconfessabile, rimasto celato fin troppo a lungo poiché messo a tacere dall’amore sincero che Oto nutre nei confronti di Yusuke, l’uomo che più di ogni altro è stato capace di farla sentire amata. Tutto cambia quando all’insaputa di Oto, Yusuke scopre quel segreto e la sofferenza torna nella coppia di artisti teatrali stravolgendo la vita di Yusuke come mai si sarebbe potuto aspettare. Due anni più tardi, Yusuke consapevole nel profondo di non aver ancora superato la perdita della moglie, decide di dare una svolta alla sua vita accettando la proposta del Festival di Hiroshima di mettere in scena lo Zio Vanja di Cechov.

Dunque lascia tutto ciò che ha e con la sua amata Saab 900 Turbo rossa si mette in viaggio per raggiungere Hiroshima. Nell’accettare il lavoro richiede però un’unica e fondamentale condizione: il suo alloggio dovrà trovarsi ad almeno un’ora di auto dal teatro, non tanto perché Yusuke ami guidare, quanto per una vecchia e persona abitudine – perciò immortale – quella del ripasso ad alta voce dei copioni teatrali, supportato dalle cassette registrate dalla moglie defunta. Un’ulteriore svolta costringe Yusuke a venire a patti con ciò che è diventato, poiché la direzione del teatro lo obbliga per legge ad avere un autista. Conosce così Misaki, una giovane ragazza decisamente esperta al volante, probabilmente fin troppo per la sua età, che lentamente e silenziosamente riesce a fare breccia nella corazza inscalfibile di Yusuke, dando inizio ad un dialogo destinato a mutare definitivamente i rispettivi destini. Sarebbe riduttivo incasellare Drive My Car all’interno del florido filone del road movie, pur facendone parte, considerando i numerosi spostamenti in auto che il film mette in scena e racconta, ma che in qualche modo non divengono mai veri e propri viaggi come normalmente accadrebbe in qualsiasi altro film. Piuttosto stasi e periodi brevi di riflessioni profonde e dialogo silenzioso: in un primo momento tra vita e morte (Yusuke e Oto), e in un secondo tra due forme di solitudine che hanno elaborato la sofferenza, pur subendone a distanza di anni i devastanti e invisibili effetti (Yusuke e Misaki).

Drive My Car dunque si rivela essere molto più di un semplice road movie in stile giapponese, ossia un dramma estremamente poetico, sospeso e malinconico sull’elaborazione del dolore e la necessità di continuare a vivere, o quantomeno d’identificare un appiglio sincero e concreto a ciò che la dimensione terrena è ancora capace di offrire, che possa essere una passione o una relazione affettiva. Hamaguchi adattando il primo e omonimo racconto dell’antologia “Uomini senza donne”, edita da Einaudi, affronta la prosa letteraria onirica e rarefatta di Murakami, cogliendo il nucleo più profondo di quell’universo per certi versi caotico, dolce e sommesso che molti altri autori cinematografici non hanno identificato, snaturando quella materia narrativa così unica e potente, a tal punto da renderla estranea perfino al lettore più appassionato del celebre autore giapponese. I 180 minuti di durata di Drive My Car senza dubbio costringono lo spettatore ad una partecipazione riflessiva e impegnata, poiché la narrazione e le estetiche del film, non si pongono come obiettivo la frenesia delle immagini e dei dialoghi, piuttosto l’analisi psicologica approfondita e dilatata nel tempo e nello spazio, delle anime silenziosamente sofferenti, sole e malinconiche di Yusuke e Misaki, coloro che al dolore sono sopravvissuti e che il destino ha scelto di riunire. Nonostante ciò, il film è potente e memorabile nel suo vivere di scrittura – il dialogo è onnipresente e scorre impetuoso – così come di grandi interpretazioni (su tutte svetta quella di Hidetoshi Nishijima, nei panni di Yusuke) e regia. Drive My Car è un vero capolavoro.