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Dogs Don’t Wear Pants

2019
Titolo Originale:
Koirat eivät käytä housuja
REGIA:
J.-P. Valkeapää
CAST:
Pekka Strang (Juha)
Ilona Huhta (Elli)
Jani Volanen (Pauli)

Il nostro giudizio

Dogs Don’t Wear Pants è un film del 21019, diretto da J.-P. Valkeapää.

Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs, Dogs Don’t Wear Pants (in originale Koirat eivät käytä housuja) è stata una delle più fresche sorprese di Cannes 2019. Terzo lungometraggio del regista finlandese J.-P. Valkeapää che si era già fatto notare cinque anni fa a Venezia con l’interessante ma un po’ sconclusionato They Have Escaped (He ovat paenneet). Questa volta J.-P. Valkeapää torna coi piedi per terra senza però rinunciare a una visione surreale e grottesca del sesso e della società. All’inizio del film Juha (Pekka Strang) perde la moglie in un tragico incidente al lago di fronte agli occhi impotenti della figlia. Rimasti soli, i due cercano di tirare avanti come possono, ma qualcosa si è rotto nell’animo dell’uomo che riesce a trovare consolazione solo nella continua ricerca della morte (per asfissia, proprio come quando tentò di salvare la moglie caduta in acqua), senza però avere mai il coraggio di andare fino in fondo per non abbandonare una figlia, che comunque fatica a comprendere.

Questa sua ossessione provoca, però, in lui una reazione imprevista e per certi versi opposta: una qualche soddisfazione sessuale che lo coglie proprio nel momento di maggior sofferenza. L’incontro con una dominatrix vestita di latex, Mona (Krista Kosonen), sarà catartico. Detto così Dogs Don’t Wear Pants potrebbe sembrare un dramma serioso con qualche scivolata nel sesso BDSM più o meno esplicito… e, in effetti, in parte lo è. Ma solo la superfice, perché poi J.-P. Valkeapää ha la sensibilità e la leggerezza necessarie per cogliere ben altre sfumature. Riesce a far scaturire una vena comica che a tratti spiazza lo spettatore e si diverte a giocare col pubblico regalandogli alcune scene di violenza grafica difficili da sostenere (un unghia scarnificata, un dente strappato con le tenaglie). Il tutto infine per raccontare una storia d’amore che ha il sapore dell’innocenza. Per certi aspetti potrebbe ricordare il Maîtresse (1976) di Barbet Schroeder, ma in realtà J.-P. Valkeapää ha una visione personale del cinema e un’abilità innegabile nel costruire la scena e le belle immagini. Al finale quasi ci si commuove e lo si ricorda con affetto.