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Devil in Ohio

2022
REGIA:
John Fawcett, Brad Anderson, Leslie Hope, Steven A. Adelson
CAST:
Emily Deschanel (Suzanne Mathis)
Madeleine Arthur (Mae Dodd)
Gerardo Celasco (Alex Lopez)

Il nostro giudizio

Devil in Ohio è una serie tv del 2022, creata da Daria Polatin.

Devil in Ohio è tratta dall’omonimo romanzo del 2017 di Daria Polatin, che riveste anche il ruolo di showrunner della serie. L’autrice lascia trapelare che parte della storia raccontata è realmente accaduta, ma cosa le sia stato raccontato da Rachel Miller, produttrice esecutiva del progetto, e cosa sia stato romanzato da lei non ci è dato sapere e forse non è neanche così rilevante. Il tema altresì è inquietante e scomodo: uno scavo nella società americana in cui insinuare il culto del maligno. Il presunto diavolo che fa capolino nell’Ohio è difatti il buon vecchio signore delle tenebre che viene adorato da un manipolo di contadini e che pretende di tanto in tanto dei sacrifici umani. Da uno di questi sacrifici sembra fuggire la giovane prescelta Mae Dodd (Madeleine Arthur), che viene fortunatamente salvata e portata in ospedale. In stato di shock e con un enorme pentagramma rovesciato marchiato sulla schiena, la ragazza viene presa in simpatia dalla psicologa dell’ospedale Suzanne (Emily Deschanel) che invece di affidarla ad altre famiglie la prende in casa con sé. Mae lentamente si apre e stringe amicizia con la figlia più problematica di Suzanne, Jules (Xaria Dotson), ma trascina tutta la famiglia in un incubo all’odore di zolfo.

La vicenda segue, in un fitto intrecciarsi di sottotrame, le evoluzioni di ogni componente della famiglia, dal padre indebitato fino al collo alla sorella che si trova ad affrontare il proprio lato omosessuale e di tanto in tanto viene inserito casualmente, quasi per errore, anche la storia della setta con alcuni flashback che riguardano il background di Mae e della congrega stessa. Ma al lato drammatico e spiccatamente teen, costellato di problematiche e tematiche tipiche di altri prodotti Netflix, si accoppia anche quello dell’indagine, della classica detection, con un investigatore che, pur pressato dal proprio capo a smettere, persevera nella ricerca di cosa sta dietro alla misteriosa comunità. Dei tanti rivoli che si snodano all’interno della storia, quello più interessante, ovvero quel diavolo in Ohio del titolo, è paradossalmente quello più trascurato, affondato dalle dinamiche straconosciute di amori nascosti o non corrisposti, rapporti tra teenager disadattati e traumi da affrontare e superare. Devil in Ohio non si fa mancare nulla, fornendo le parole chiavi necessarie per l’algoritmo di Netflix, e questo eccesso di carne sul fuoco è complice della non riuscita della miniserie, in concorso di colpa con la mancanza di qualunque tensione. Sin dalle prime puntate è palese che la setta è a conoscenza di dove si trova la prescelta in fuga, ma piuttosto che recuperarla gioca, come il gatto col topo, con tutti i componenti della nuova famiglia di Mae per permettere alla narrazione di dilatarsi fino al culmine finale.

Questa, come altre miniserie, mostrano nuovamente il fianco a una delle incapacità maggiori degli adattamenti seriali di molte storie, che gioverebbero maggiormente di un respiro più corto, da lungometraggio. Neanche il colpo di scena finale, carino e ben servito e che ribalta molto di quello che fino a lì si era visto o, meglio, spiega molti piccoli dettagli trascurati per l’intera vicenda, riesce a far dimenticare il tedio crescente puntata per puntata. Le parti con più mordente coinvolgono le dinamiche interne e la mitologia creata intorno alla setta, compresi dei piccoli lampi che suggeriscono un ingresso del soprannaturale all’interno della storia. Al contrario, privo di brio e di qualunque scintilla di novità è tutto il resto, con l’aggravante di presentare parecchie forzature di scrittura, soprattutto nel personaggio della psicologa, capace di sacrificare e di mettere in pericolo la propria famiglia per poter risolvere un proprio trauma famigliare. Una serie da associare concettualmente al culto demoniaco solo per il fatto che da entrambi è meglio stare lontani.