Featured Image

Designated Survivor

2016
Titolo Originale:
Designate Survivor
CAST:
Kiefer Sutherland (Tom Kirkman)
Maggie Q (Hannah Watts)
Kal Penn (Seth Wright)

Il nostro giudizio

Designate Survivor è una serie televisiva del 2016, ideata da David Guggenheim

L’idea è stata partorita dal premio Oscar David Guggenheim e il tema è quello a cui i cineasti americani ci hanno abituato e con cui, ahinoi, ci hanno assuefatto: la politica, le minacce terroristiche, i complotti, il patriottismo e uomini di valore costretti a difendere con i denti la loro nobiltà d’animo dalle pretese dei feroci politicanti. Designated Survivor è la serie tv che trova il suo perfetto protagonista nel fresco e pulito volto di Kiefer Sutherland. Il suo personaggio è Tom Kikman, è lui il “sopravvissuto designato”. Da semplice segretario dello Sviluppo, Tom, dopo un presunto attentato terroristico, si ritrova in jeans e felpa della Cornell University a prestare giuramento di fedeltà al suo Paese nel ruolo di Presidente degli Stati Uniti d’America. È una serie fatta di tasselli che spalancano la finestra sul meschino mondo degli “influenti” che si erge sulla beota sudditanza del “popolino”. Si potrebbe disquisire per ore sul risultato della fotografia, sull’efficace montaggio, sugli effetti speciali che ritraggono realisticamente il Campidoglio smembrato da una dolosa esplosione, sull’astuzia dei colpi di scena che inibiscono l’innata tendenza allo zapping dello spettatore medio, sulla tensione che ci tiene col fiato sospeso e che ci vota al clic compulsivo sul tasto play della puntata successiva, ma gli americani in questo sono impareggiabili.

Meno persuadente la fattibilità che dopo l’11 settembre 2001 negli USA si possa far saltare in aria il Campidoglio durante il discorso presidenziale, ancora meno concreto il fatto che la casa Bianca venga hackerata a distanza di qualche ora da un attentato “terroristico”.  Il pilot è l’ “Ovazione dell’inverosimilmente implausibile”. Tutto fa vaticinare che il fatto che un uomo così ingenuo e privo di velleità politiche, innamorato della sua famiglia e del suo Paese, non sia stato designato come sostituto del Presidente degli Stati Uniti d’America per caso, ma che, a monte, ci fosse un piano ben studiato. Di conseguenza, c’è il buono strumentalizzato; la poliziotta top-model dotata di grande arguzia che ha capito tutto, ma alla quale nessuno da credito; c’è la voglia di scoprire se il protagonista si lascerà contaminare dal subdolo ambiente in cui è stato scaraventato o se riuscirà a preservare il suo integerrimo spirito. Ma se è tutto così prevedibile, allora perché queste serie tv ci piacciono così tanto? Ovvio: perché sono rassicuranti! Ci sentiamo come le ottuse galline nel pollaio di una fattoria egemonizzata da maiali astuti e calcolatori, nulla che Orwell non avesse presagito ne “La Fattoria degli animali”.

Sappiamo che ignoriamo gran parte delle dinamiche di potere, ma queste produzioni ci dicono anche che ci sono presidenti onesti e governatori leali che operano nell’interesse dei più e non del singolo. Gli americani sopravvivono sempre. Sappiamo che, nel caso ET volesse rivendicare la sua smania di potere sul nostro pianeta, potrebbero sempre contare sugli addominali di Will Smith e avere un nuovo Indipendece Day. Non deve essere un caso che il pilot di Designate Survivor sia andato in onda in piena campagna elettorale. Forse, in qualche modo, sceneggiatori, regista e produttori, volevano tranquillizzare il popolo americano e dir loro: “Ilary o Trump? Conta poco. In ogni caso ne usciremo a testa alta. Siamo Americani”. E forse è per questo che anche noi italiani amiamo questo genere di film, a rassicurarci noi abbiamo solo Don Matteo. Le americanate ci piacciono, abbiamo bisogno di discorsi commoventi e degli “IP-IP-URRA” dei Presidenti e delle loro First Lady’”. Ormai fanno parte della nostra cultura, come la pizza, la mafia e il mandolino.